Insolvenza transfrontaliera, criteri Ue per società con sedi fuori dall’Unione

14 Aprile 2025

Il Sole 24 Ore lunedì 10 Marzo 2025 di Leonardo Curatolo e Marcello Tarabusi

Nelle insolvenze transfrontaliere che riguardano società con sedi in Italia e in altri Paesi

extra Ue, l’individuazione del luogo dove aprire la procedura e il rapporto fra le

procedure avviate in Paesi diversi ha importanti ricadute sulla gestione dei beni

aziendali.

Nell’ambito dell’Unione europea la materia è disciplinata dal regolamento Ue 848/2015

ma se i Paesi interessati sono extra Ue si pone il problema di quali norme applicare.

Un’indicazione giurisprudenziale (in assenza di pronunce della Cassazione) arriva da

una sentenza del Tribunale di Bologna (relatore Atzori) che risale al 26 gennaio 2024 (è

la n.14) ma è ancora inedita.

Applicazione universale

Secondo i giudici di Bologna per accertare il luogo dove aprire la procedura, il criterio

da seguire è quello del centro principale degli interessi (Comi) previsto dalle norme Ue

anche per le società con sede legale in Paesi che non fanno parte dell’Unione.

Il tribunale italiano può inoltre aprire la liquidazione giudiziale anche se nel Paese

straniero è già stata avviata una procedura di insolvenza sulla base del diritto locale. E,

sempre secondo i giudici bolognesi, la procedura italiana non è secondaria o dipendente

da quella estera, bensì autonoma e universale, riguarda cioè tutti i beni del debitore (si

veda l’articolo online richiamato in alto).

Pur ritenendo che le norme che regolano la Brexit escludano l’applicazione diretta del

regolamento Ue 2015/848, il Tribunale ha ritenuto alcuni principi ivi previsti di

universale applicazione.

Il provvedimento del Tribunale di Bologna riguardava una vicenda in cui la regolazione

della crisi di una società italiana si intrecciava con quella di una società del medesimo

gruppo ubicata nel Regno Unito.

Nel 2023 la società italiana era stata sottoposta ad amministrazione straordinaria. In

precedenza, il marchio e una serie di asset erano stati trasferiti a un’altra società del

gruppo, con sede legale a Londra che lo aveva dato in licenza alla società italiana (che

aveva la sede a Bologna con 76 dipendenti) la quale erogava anche servizi trasversali al

gruppo (tra cui Ced, marketing, e-commerce).

I creditori italiani avevano chiesto al Tribunale di Bologna di aprire la liquidazione

giudiziale. La società inglese aveva eccepito il difetto di giurisdizione, sostenendo che il

procedimento andava sospeso ai sensi della legge 218/95 (che regola il nostro diritto

internazionale privato), poiché pendeva un analogo ricorso avanti ad un giudice inglese,

la cui decisione sarebbe poi stata resa esecutiva in Italia sempre in base alla legge 218/95

.

Secondo il Tribunale, i criteri indicati nel considerando n. 30 del regolamento Ue

costituiscono, in base alla dottrina internazionalistica, patrimonio comune per

l’individuazione del centro principale degli interessi nelle insolvenze transfrontaliere,

indipendentemente dalla applicabilità della norma Ue. Il criterio del Comi fu infatti

introdotto negli anni ’90 dalla Commissione Onu per il diritto commerciale

 

internazionale (Uncitral), che ha il compito di armonizzare il diritto commerciale degli

Stati membri dell’Onu, nell’ambito del Modello di legge sull’insolvenza transfrontaliera

adottato il 15 dicembre 1997 con risoluzione n. 52/58 dell’Assemblea generale, poi

trasfuso anche nel regolamento Ce 1346/2000.

Il centro di interessi

Ha inoltre carattere universale il principio secondo cui è sempre possibile offrire la prova

contraria alle presunzioni di coincidenza tra centro principale degli interessi e sede

legale, stabilite dalla legge. E spetta al giudice valutare gli elementi che fanno ritenere

che il centro effettivo di gestione degli interessi sia situati in un altro stato.

Il Tribunale ha ritenuto che, nonostante la sede legale fosse a Londra, il Comi si trovasse

a Bologna, dove erano ubicati il portafoglio clienti e la rete commerciale e dove

avveniva la produzione, dalla creazione stilistica sino al confezionamento. E, da Bologna

i prodotti venivano direttamente spediti ai clienti. Tutto ciò indubbiamente ingenerava

nei terzi (tra cui clienti e dipendenti) la percezione che il luogo in cui il debitore

esercitava la gestione dei propri interessi in modo abituale era in Italia.

Doing business in San Marino

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