Il contribuente può sempre opzionare la disciplina Ue più favorevole

14 Settembre 2021

Il Sole 24 Ore 2 settembre 2021 di Marco Piazza

La Cassazione dopo quasi 20 anni mette fine a un caso di doppia imposizione

No del Fisco a una società Uk nonostante la disciplina della circolare 151/E/2004

Una recente sentenza della Cassazione ( 20646/2021) ha riconosciuto il diritto di una società inglese a beneficiare della previsione contenuta nell’articolo 10, comma 4, lettera b) della convenzione contro le doppie imposizioni fra Italia e Regno Unito in relazione a dividendi distribuiti da una società italiana e percepiti nel 2003.

Colpisce il fatto che questo lungo contenzioso riguardi una casistica già disciplinata sul piano procedurale da una circolare (151/E del 2004) che aveva confermato la sussistenza del diritto.

L’articolo 10, comma 4, lettera b) della convenzione Italia Inghilterra stabilisce in sostanza che una società residente del Regno Unito che detiene, anche insieme a società collegate, almeno il 10% della società italiana che eroga il dividendo ha diritto a un importo pari al 50% del credito d’imposta che sarebbe spettato se il dividendo stesso fosse stato percepito da una persona fisica italiana (all’epoca 9/16 del dividendo). Il diritto è subordinato alla duplice condizione che il dividendo concorra a formare l’imponibile della società inglese e che sia applicata la ritenuta prevista dalla convenzione (5%).

Questa parte della convenzione non è più appellabile oggi perché una persona fisica residente in Italia non ha più diritto al credito d’imposta sui dividendi.

La circolare 151/E aveva illustrato le modalità di richiesta dell’importo all’erario (presentazione di una istanza di rimborso al Centro operativo di Pescara ex articolo 38 del Dpr 602 del 1973) e aveva precisato che la ritenuta del 5% doveva applicata sia sul dividendo sia sull’importo corrispondente alla metà del credito d’imposta.

La circolare aveva anche regolato il caso, che è quello in esame, in cui l’emittente (società “figlia” italiana) non avesse operato la ritenuta in uscita sul dividendo, come previsto dall’articolo 27-bis del Dpr 600/73 di recepimento della “direttiva madre-figlia”. In tal caso, precisava la circolare, la società inglese aveva ugualmente diritto al pagamento della somma prevista dalla convenzione, ma l’erario, avrebbe dovuto trattenere dall’importo erogato, la ritenuta del 5% calcolata sia sull’importo dei dividendi sia sul credito d’imposta (rimborso 21,72%).

Nonostante le chiare indicazioni degli uffici centrali Il Centro operativo di Pescara non ha accolto l’istanza della società inglese. Ne è scaturito un lungo contenzioso che si è chiuso ora. La discussione si è incentrata sulla questione (che, come si è detto era già stata risolta dalla circolare 151/E in linea con la prassi internazionale), se, in presenza di una direttiva volta ad attenuare il fenomeno della doppia imposizione economica e giuridica sui dividendi fosse consentito al contribuente che già avesse percepito i dividendi in esenzione dalla ritenuta di “scambiare” tale regime con quello del rimborso del credito d’imposta previsto dalla convenzione. La Cassazione, con una sentenza che richiama numerosi precedenti di Cassazione e della Corte di Giustizia, ha stabilito un principio che potrebbe essere valido anche in circostanze diverse da quelle in esame: ossia che non esiste, a meno che non sia espressamente previsto dalla direttiva o dalla norma convenzionale, un generale principio di “alternatività” fra le direttive e le convenzioni contro le doppie imposizioni e che quindi un contribuente che abbia inizialmente fruito degli effetti di una direttiva può, in un secondo momento, attraverso una istanza di rimborso, applicare la convenzione internazionale più favorevole.

Doing business in San Marino

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