Per gli utili black list vale l’incasso

7 Agosto 2017

Il Sole 24 Ore 13 Luglio 2017 dia cura di Primo Ceppellini e Roberto Lugano

Redditi di capitale. Il dividendo va qualificato in base alle disposizioni in vigore al momento della percezione

I «paradisi» hanno un livello di tassazione inferiore al 50% di quella italiana
La tassazione dei dividendi da società estere è stata interessata da diverse modifiche nel tempo. Può essere quindi opportuno un riepilogo generale di sintesi delle diverse situazioni che si possono presentare.
Le modifiche
Ci sono quattro aspetti importanti che sono cambiati non solo per quanto riguarda i dividendi, ma anche pe questioni collaterali comunque rilevanti ai fine della loro corretta classificazione. Facciamo riferimento ai seguenti elementi.
È cambiata la nozione di Paesi a fiscalità privilegiata. Dopo le modifiche introdotte dalla legge 208/2015 all’articolo 167, comma 4 del Tuir, infatti, bisogna ora fare riferimento non più a uno specifico elenco, quanto piuttosto a una situazione di fatto. Sono da considerare Paesi a fiscalità privilegiata (che per semplicità continueremo a indicare come Black list) quelli in cui il livello nominale di tassazione risulta inferiore al 50% di quello applicabile in Italia;
Le norme di penalizzazione sui dividendi percepiti da Paesi black list sono state oggetto di modifica con una definizione più chiara di utili “provenienti” da enti residenti in tali territori. Si tratta di una disposizione (introdotta dal Dlgs 147/15 nell’articolo 47,comma 4 del Tuir) che riguarda le strutture in cui tra il soggetto italiano e quello black list non vi è una partecipazione diretta, ma viene interposta una società localizzata in territori white list;
L’interpello disapplicativo ha perso il carattere di obbligatorietà, per cui diventa possibile, rispettando alcune condizioni di compilazione della dichiarazione dei redditi, disattendere la disciplina prevista per i dividendi black list senza passare attraverso la presentazione dell’interpello stesso.
Èstata estesa ai dividendi provenienti dai paesi a fiscalità privilegiata la possibilità di fruire del credito per le imposte pagate all’estero.
Alla luce di tutte queste modifiche, possiamo considerare le seguenti ipotesi:
dividendi provenienti da società estere white list;
dividendi da Paesi black list;
dividendi da Paesi black list da società soggette alla disciplina Cfc;
dividendi da società conduit controllate;
dividendi da società estere conduit non controllate.
Dividendi white list
Per questa categoria non è cambiato nulla, per cui i dividendi percepiti da distribuzioni da parte di società residenti in territori non fiscalmente privilegiati continueranno a essere assoggettati al regime ordinario, sintetizzabile nell’esenzione al 95% per le società di capitali, nel concorso al reddito per il 49,72 % (58,14 % dal 2018) del relativo ammontare per le partecipazioni qualificate delle persone fisiche e nella tassazione a titolo di imposta del 26 % per le partecipazioni non qualificate.
Dividendi black list
In prospettiva, data la nuova definizione e la struttura delle imposte sui redditi italiane (Ires e Irap), sono da considerare territori privilegiati (fuori dalla Ue e dallo Spazio economico europeo) quelli in cui gli utili delle società scontano una tassazione inferiore al 50% della somma delle aliquote di tali imposte.
Tuttavia è bene ricordare che per l’agenzia delle Entrate, dal 1° gennaio 2016, il criterio da adottare è quello che gli utili debbano essere qualificati sulla base delle disposizioni in vigore al momento della percezione del dividendo e qualora sulla base delle disposizioni ratione temporis siano qualificabili come non provenienti da un regime fiscale privilegiato è necessario verificare tale condizione anche con riferimento al momento in cui vi è stata l’effettiva formazione dell’utile distribuito (si veda la circolare 35/E del 2016 ai paragrafi 3.2 e 3.3 e la risposta all’interrogazione parlamentare del 19 gennaio 2017). Consideriamo inizialmente il caso in cui la partecipazione estera black list non è soggetta alla disciplina Cfc (perché non vi è il requisito del controllo): in questa ipotesi la regola di base è il concorso integrale dei dividendi (quindi al 100 % del loro ammontare) alla formazione del reddito del soggetto percipiente. Per evitare la tassazione integrale, occorrerebbe invocare la cosiddetta seconda esimente (articolo 167, comma 5, lettera b del Tuir) e dimostrare che dalla partecipazione non si consegue l’effetto, sin dall’inizio del periodo di possesso, di localizzare i redditi in Paesi con regimi fiscali privilegiati. Verificata quest’ultima condizione, ai dividendi si applicherebbe il regime ordinario di tassazione.
In ogni caso, grazie alle novità del Dlgs 147/2015, al soggetto residente spetta un credito per le imposte assolte nel Paese estero.

Doing business in San Marino

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