Frontalieri, l’accordo fiscale arriva al Senato

8 Febbraio 2023

Il Sole 24 Ore 31 gennaio 2023 di Marco Alfieri

Oggi prima ratifica dell’intesa che entro maggio avrà l’ok definitivo della Camera

Sul confine Italia-Svizzera.  Negli ultimi vent’anni i frontalieri italiani in Canton Ticino (nella foto la dogana di Ponte Chiasso) sono passati da 32mila a 77.700

Al sabato, fino a metà anni Novanta, arrivavano a Ponte Tresa i pullman dalla Svizzera interna. Al mercato dietro la chiesa si trovava cibo per tutti i gusti, abbigliamento, articoli per la casa. Grazie al franco, moneta forte per eccellenza, sembrava di non spendere mai. Oggi la tradizione del mercato si è un po’ persa (in compenso hanno aperto supermercati vicini alla dogana, tutti frequentati da svizzeri), quel che resiste e prospera è invece l’approdo del lavoro oltreconfine, dove si guadagna bene e si pagano poche tasse.

Negli ultimi vent’anni i frontalieri italiani in Canton Ticino sono passati da 32mila a 77.700. Il boom è cominciato negli anni Cinquanta quando molte aziende s’insediavano grazie allo statuto del frontaliere che consentiva di procurarsi manodopera a costi ridotti in settori non concorrenziali con i lavoratori residenti: edilizia, ristorazione, tessile, turismo e metalmeccanica.

Insieme al boom nascono i problemi. Da un lato il rischio di una doppia imposizione fiscale, dall’altro l’arrivo nei comuni di frontiera di molti migranti dal sud Italia, alla ricerca di una occupazione in Svizzera. «L’Accordo del 1974 tra Roma e Berna è la risposta efficace a queste tensioni», ragiona Cecilia Sanna, docente di Diritto dell’Unione europea alla Statale di Milano e figlia di Antonio Sanna, storico sindaco di Ponte Tresa, che di quell’accordo fu l’inspiratore. «La Svizzera aveva bisogno di manodopera ma non voleva stranieri residenti sul territorio; i comuni di frontiera avevano bisogno di soldi per finanziare i servizi di base e far fronte alla ondata migratoria. Nascono così i ristorni sulle remunerazioni dei frontalieri residenti nei comuni di confine».

Ristorno è la parola magica che si accompagna alla figura del frontaliere, basti dire che nel 2021 i rimborsi fiscali ammontano a 97,2 milioni di franchi svizzeri.

A fine anni Novanta lo scenario cambia un’altra volta. «Fino al 1999 la Svizzera faceva selezione in entrata, proteggendo il “suo” mercato del lavoro. Siglando gli accordi europei di libera circolazione, in vigore dal 2002, questo non è stato più possibile», spiega Andrea Puglia, responsabile ufficio frontalieri dell’Ocst, il sindacato cristiano-sociale ticinese. L’effetto è duplice: il boom di assunzioni frontaliere anche nel terziario avanzato e l’insediamento di molte aziende italiane, attirate da incentivi fiscali e burocrazia leggera, nel campo dell’informatica, dei servizi digitali, della moda, della chimica e della farmaceutica. «Nel terziario si passa da 14mila a 52mila assunti in 20 anni». Più di un terzo dei posti di lavoro totali nel cantone (77mila su circa 210mila) oggi è coperto da frontalieri.

I ticinesi cominciano a soffrire la nuova concorrenza, temono l’afflusso dei “padroncini” lombardi che svolgono le loro attività a costi inferiori e denunciano il dumping salariale. In questo clima politico, Italia e Svizzera firmano un nuovo accordo fiscale nel dicembre 2015. Il bilaterale non vedrà la luce perché mai ratificato dai due parlamenti nazionali. Bisogna aspettare altri 4 anni prima che Roma e Berna tornino a negoziare.

Il nuovo accordo italo-svizzero viene firmato nel dicembre 2020, contestualmente a un memorandum sulla fiscalità interna che coinvolge finalmente i territori interessati. Oggi il Testo Unico verrà ratificato dal Senato italiano e poi, entro maggio, dalla Camera. Per entrare in vigore il 1° gennaio 2024.

Cosa cambierà? Per gli attuali frontalieri residenti nei comuni di fascia 20 chilometri nulla fino alla pensione. Continueranno a pagare le tasse in Svizzera. Per i frontalieri residenti nei comuni fuori fascia e per tutti i nuovi frontalieri assunti a partire dal prossimo anno, vigerà una tassazione concorrente Svizzera-Italia ma con una franchigia fiscale alzata a 10mila euro.

«I ristorni resteranno invece attivi fino al 2033, per venire poi sostituiti da trasferimenti statali di pari importo cui si aggiungerà un fondo per il finanziamento di progetti di sviluppo territoriale», spiega Massimo Mastromarino, sindaco di Ponte Tresa e presidente dell’associazione che riunisce i comuni italiani di frontiera.

L’economia di confine è da sempre un microcosmo fragile. Per esempio: «Come impatteranno le nuove forme di lavoro a distanza?». È l’emergenza di questi giorni: la fine del periodo di sospensione causa Covid dell’obbligo di presenza giornaliera in Svizzera. Dal 1° febbraio 2023, se un frontaliere residente nei comuni di confine farà un solo giorno di telelavoro diventa tassabile anche in Italia. «La situazione va risolta attraverso un accordo amichevole con la Svizzera», spiega Puglia. «Dopo la pandemia le aziende si sono adeguate. Anche i frontalieri devono poterlo fare senza incorrere in implicazioni fiscali».

Doing business in San Marino

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