Formazione esente Iva se rilevante in Italia
6 Ottobre 2022
Il Sole 24 Ore 24 settembre 2022 di Anna Abagnale Benedetto Santacroce
L’attività deve essere svolta da enti riconosciuti territorialmente
Per l’esenzione non vale il mutuo riconoscimento sul piano europeo
Attività di formazione esenti solo se territorialmente rilevanti in Italia ed eseguite da enti ivi riconosciuti.
Non vale ai fini del regime Iva di esenzione il principio del “mutuo riconoscimento” sul piano europeo.
La risposta a interpello di ieri, 469/2022 risponde a un articolato quesito riguardo al trattamento Iva da applicare alle attività formative, nonché a diverse prestazioni accessorie, che una società italiana eroga all’interno dell’Unione europea nei confronti sia di soggetti passivi d’imposta sia di consumatori finali.
Volendo semplificare, nel caso in cui la società svolge la prestazione formativa, occorre verificarne innanzitutto la territorialità applicando le regole dell’articolo 7-ter e 7-quinquies del Dpr 633/72.
Pertanto, le suddette prestazioni didattiche materialmente effettuate dalla società in uno Stato estero:
non rilevano in Italia se rese a favore di un privato consumatore (B2C);
rilevano in Italia se il committente è un soggetto passivo Iva (B2B), con la possibilità, se ne sussistono i presupposti, di applicare il regime di esenzione di cui all’articolo 10, comma 1, n. 20, Dpr 633/1972. Al riguardo, precisa l’Amministrazione, per usufruire del regime di esenzione, occorre che le prestazioni didattiche eseguite all’estero siano «del tutto assimilabili» a quelle per le quali la società ha ottenuto il riconoscimento in Italia.
Laddove, invece, la società italiana ha un ruolo, per così dire, «secondario» rispetto alla formazione erogata da un ente estero (ad esempio svolge prestazioni di iscrizione dei partecipanti ed altre prestazioni opzionali), le Entrate negano il regime di esenzione.
Il motivo non risiede nel fatto che mancherebbe il nesso di accessorietà.
Sul punto, l’Agenzia richiama la circolare 37/E/2011, la quale aveva chiarito che, nell’ambito dei servizi di cui all’articolo 7-quinquies , per qualificare una prestazione di servizi quale accessoria rispetto a quella principale, si prescinde dall’identità dei soggetti coinvolti nell’operazione principale e in quella accessoria (a differenza di quanto richiesto ai sensi dell’articolo 12 Dpr 633/1972).
Piuttosto, il problema risiede nel fatto che trattasi di prestazioni accessorie erogate nei confronti di un ente di formazione riconosciuto all’estero, ma non anche in Italia.
Al riguardo, le linee guida del 97° comitato Iva del 7 settembre 2021 avevano chiarito che lo Stato membro che stabilisce le condizioni per l’applicazione dell’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera i) della direttiva Iva (recepito all’articolo 10, comma 1, n. 20), Dpr 633/1972) è lo Stato membro in cui la prestazione di formazione o insegnamento è territorialmente rilevante.
Su tali basi l’Agenzia conclude affermando che il “riconoscimento”, quale requisito soggettivo dell’esenzione Iva delle attività formative, non può essere mutuato dal committente estero, rilevando solo quello accordato dalle competenti autorità italiane.
In altre parole, il riconoscimento concesso ad un ente di formazione in uno Stato membro non avrebbe valenza anche nei confronti degli altri Stati membri.
Di conseguenza, ove la prestazione sia territorialmente rilevante in Italia, è soggetta al regime ordinario di tassazione Iva.