Evasione e riciclaggio collegabili con false fatture

11 Novembre 2019

Il Sole 24 Ore 11 OTTOBRE 2019 di Valerio Vallefuoco

CASSAZIONE

Provata la stretta relazione tra la violazione tributaria e la ripulitura del denaro

Per la Cassazione commette il reato di «riciclaggio e di intestazione fittizia di beni» il legale rappresentante di una società commerciale che utilizza fatture per operazioni inesistenti per consentire a terzi il riciclaggio. Con la sentenza 41625 depositata ieri la Suprema corte ha confermato il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di alcune ingenti somme, emesso dal giudice per le indagini preliminari di Milano e già confermato dallo stesso tribunale del riesame di Milano. L’indagato era socio accomandatario di una società per accomandita semplice che secondo l’accusa aveva utilizzato nella dichiarazione fiscale della società diverse fatture per operazioni inesistenti al fine di evadere le imposte sui redditi e sull’Iva violando l’articolo 2 del Dlgs 74/2000 nonché al fine di consentire a soggetti terzi individuati il reato di riciclaggio e di intestazione fittizia di beni. Secondo la Corte, che ha confermato con un giudicato seppure ancora cautelare il caso, ci sarebbero quindi tutti gli elementi richiesti per l’applicazione della misura del sequestro preventivo poiché l’indagato avrebbe avuto ben presente l’oggettiva finalizzazione della sua condotta al compimento di un altro reato, ovvero all’occultamento di reato precedente, in quanto cosciente e consapevole del complesso sistema di ripulitura del denaro attraverso un’associazione per delinquere transazionale. Il provvedimento di merito aveva ben illustrato il complesso meccanismo illecito della società italiana: l’indagato era cliente delle due società estere del coindagato che per alcuni anni avevano emesso fatture per prestazioni inesistenti così da consentire alla società italiana di evadere le imposte; la società italiana, infatti, versava i corrispettivi delle fatture false alle società estere che, a loro volta, retrocedevano in contanti ingenti somme all’indagato; da questo complesso meccanismo si deduce l’oggettiva finalizzazione a consentire a terzi individuati, appunto, la commissione del delitto di riciclaggio ed intestazione fittizia di beni.

Tale condotta avveniva attraverso la movimentazione di denaro e diverse retrocessioni su conti correnti di società con sedi legali all’estero in particolare a Hong Kong , Belize , Cipro e Mauritius. Emblematica l’espressione utilizzata dai giudici della Cassazione nella motivazione sullo stretto legame tra la violazione penale tributaria e il riciclaggio : «la violazione fiscale si pone in stretta relazione con il riciclaggio» poiché secondo la Corte solo attraverso questo meccanismo di “ripulitura” fiscale e il rientro delle somme in contanti si poteva consentire la retrocessione di quanto già corrisposto con le fatture false.

Doing business in San Marino

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