Esenzione a chi certifica la non residenza in Italia

13 Febbraio 2019

Il Sole 24 Ore 9 GENNAIO 2019 di Marco Piazza

il regime di extraterritorialità

Il fatto che dal 1° gennaio 2019 le plusvalenze relative a partecipazioni qualificate abbiano lo stesso regime fiscale di quelle non qualificate ha effetti anche sulla tassazione dei non residenti che cedano partecipazioni non relative a stabili organizzazioni in Italia. Il nuovo scenario può così essere sintetizzato.
Come regola generale, le plusvalenze (e minusvalenze) relative a partecipazioni in società residenti in Italia si considerano in ogni caso prodotte in Italia. Sono quindi soggette all’imposta sostitutiva del 26% che, nel caso in cui la plusvalenza sia realizzata in regime amministrato o gestito, sarà applicata dall’intermediario che ha i titoli in custodia, amministrazione o gestione (articolo 23, comma 1, lettera f del testo unico). Altrimenti l’intermediario, o in assenza, il notaio o il commercialista che ha perfezionato l’atto di cessione o, in ultima istanza, l’emittente al momento dell’eventuale iscrizione del trasferimento nel libro soci deve comunicare l’operazione nel quadro SO del modello 770 (articolo 10, comma 1, Dlgs 461/1997).
Tuttavia, non si considerano prodotte in Italia le plusvalenze e minusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate in società residenti con azioni negoziate in mercati regolamentati (articolo 23, comma 1, lettera f, n. 1 del Testo unico); il regime di extraterritorialità opera a favore di qualsiasi non residente in Italia. In base alla circolare 207/E del 1999 è sufficiente presentare all’intermediario residente (o al notaio, il commercialista o l’emittente) un’autocertificazione nella quale si dichiari di non essere residenti in Italia. L’intermediario eviterà di applicare i regimi sostitutivi o di comunicare la cessione nel quadro SO.
Le plusvalenze (e minusvalenze) relative a partecipazioni in società non residenti in Italia si considerano prodotte nel territorio dello Stato se le azioni sono detenute in Italia (è il caso delle azioni estere affidate dal contribuente in custodia, amministrazione o gestione ad intermediari residenti (circolare 207/E del 1999) a prescindere dal luogo in cui gli intermediari le abbiano subdepositate (nota 954/171158 del 14 ottobre 2004) e a prescindere dal fatto che si tratti o meno di azioni di società negoziate in mercati regolamentati. Questa norma è certamente in conflitto con l’articolo 63 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea perché discrimina i non residenti che investono nel capitale di società non residenti rispetto a quelli che investono nel capitale di società residenti.
Se, però il contribuente risiede in uno Stato che consente un adeguato scambio d’informazioni (l’elenco è contenuto nel Dm 4 settembre 1996) le plusvalenze e le minusvalenze sono in ogni caso escluse da imposizione sia nel regime dichiarativo, sia nel regime amministrato o gestito (articolo 5, comma 5, Dlgs 461/1997). L’esclusione opera solo per le cessioni di partecipazioni non qualificate. Il non residente in questo caso dovrà attestare il proprio Stato di residenza fiscale. A tal fine potrà adottare lo schema di autocertificazione varato con il Dm 12 dicembre 2001, con gli opportuni adattamenti.
Nei casi in cui non siano verificate le condizioni di extraterritorialità o di esclusione da imposizione sopra descritte, la non rilevanza fiscale del reddito può derivare dall’applicazione dei trattati contro le doppie imposizioni che – se conformi al modello Ocse – prevedono, di norma all’articolo 13, che le plusvalenze siano tassate solo nel Paese di residenza del beneficiario del reddito. In questo caso il contribuente dovrà esibire un’attestazione delle autorità fiscali dello Stato estero di residenza (può essere utilizzato il modello approvato con il provvedimento delle Entrate del 10 luglio 2013, protocollo n. 2013/84404 – modello D).

Doing business in San Marino

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