Esclusa l’esterovestizione se la società dimostra che l’attività è effettiva

13 Giugno 2022

Il Sole 24 Ore 9 maggio 2022 di Davide Settembre

Tra le prove il certificato dell’autorità tedesca e i viaggi in Germania

La presenza di un insediamento effettivo all’estero così come lo svolgimento in quel territorio di un’attività economica reale sono elementi idonei a escludere un fenomeno di esterovestizione. È quanto hanno stabilito i giudici della Ctp di Macerata con la sentenza 26/1/2022 (presidente e relatore Fazzini).

Nel caso esaminato la guardia di Finanza aveva emesso un Pvc a carico di una società, a seguito di una attività di indagine di polizia giudiziaria svolta nell’ambito di un procedimento penale a carico del rappresentante legale per il reato di omessa presentazione della dichiarazione (articolo 5, Dlgs 74/2000). In particolare, i verbalizzanti erano giunti alla conclusione che la società avesse una struttura e fosse operativa in Italia, ma che avesse dichiarato di avere la sede legale in Germania con il fine di sfruttare una legislazione fiscale più vantaggiosa rispetto a quella nazionale.

A seguito di tale verifica erano stati emessi tre atti di accertamento (in relazione a tre diverse annualità) che erano stati impugnati dalla società.

Il ricorso è stato accolto dai giudici marchigiani che hanno in primis ricordato che, per la Corte di cassazione con il termine esterovestizione «si intende la fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società all’estero, in particolare, in un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale…» (sentenza 15424/21). In tali casi, pertanto, la residenza fiscale nello Stato estero sarebbe dichiarata solo per beneficiare di un regime fiscale più appetibile in assenza di «un insediamento effettivo della società interessata nello Stato membro ospite e l’esercizio quivi di un’attività economica reale».

Tuttavia, nel caso in esame i giudici hanno ritenuto che la scelta di costituire la società all’estero apparisse del tutto lontana dall’intento di usufruire di un regime fiscale più vantaggioso. Infatti, la ricorrente aveva prodotto in giudizio il certificato rilasciato dall’autorità fiscale tedesca dal quale si evinceva che la società era fiscalmente residente in Germania e che in tale Stato fosse presente anche la direzione dell’impresa. Secondo i giudici, la valenza probatoria di tale documentazione non poteva essere trascurata e ciò avrebbe dovuto almeno condurre l’ufficio ad approfondire la situazione esistente in Germania, verifica che però è stata omessa.

Nella sentenza si evidenzia che il rappresentante legale si recava in Germania per lunghi periodi, a dimostrazione del fatto che l’attività della società fosse essenzialmente svolta in tale territorio. In definitiva, per i giudici esistevano nel caso in esame sia un insediamento effettivo della società all’estero che lo svolgimento di un’attività economica reale, e pertanto non vi erano elementi per ritenere che la scelta di costituire la società in tale territorio fosse stata fatta per fruire di un regime fiscale più vantaggioso.

Doing business in San Marino

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