Dividendi, niente stretta per le partecipazioni mantenute per tre anni
17 Dicembre 2025
Il Sole 24 Ore 27 Novembre 2025 di Giovanni Parente Gianni Trovati
ROMA
La bomba a orologeria sui dividendi delle società viene disinnescata con una doppia condizione alternativa. Da un lato, l’obbligo di partecipazione per avere il regime agevolato non scatterà più oltre il 10% (attualmente indicato nel Ddl al Senato) ma dal 5% in poi. Dall’altro, la partecipazione deve essere mantenuta per almeno tre anni. Il vertice di maggioranza trova una direttrice su cui muoversi per correggere la misura (criticata da imprese e professionisti) che avrebbe fatto scattare dal 1° gennaio 2026 una maxitassazione sui dividendi, sterilizzando la dividend exemption in caso di quote inferiori al 10 per cento. In sostanza, la linea da seguire in commissione Bilancio – in scia a emendamenti già presentati dalle forze di maggioranza – consentirà comunque al Governo di mettere delle limitazioni rispetto al meccanismo attuale di prelievo (applicato solo sul 5% dell’imponibile). Allo stesso tempo, però, saranno salvaguardate le piccole imprese e non penalizzati gli investimenti di lunga durata nelle società italiane. Ma non solo. La modifica preciserà che il nuovo regime si applicherà anche alle plusvalenze, finora rimaste assenti dal trattamento fiscale proposto dall’Esecutivo con il Ddl di Bilancio. Il tutto senza alcun effetto retroattivo e senza cambio di regole in corsa: sia per i dividendi sia per le plusvalenze le nuove soglie scatteranno solo dal 1° gennaio 2026.
Mentre a Palazzo Chigi si chiudeva il vertice di maggioranza al Senato nel pomeriggio c’è stato un confronto, anche con le opposizioni, su temi condivisi (enti locali, calamità e italiani all’estero), ma fuori al momento dai correttivi segnalati. A coordinare i lavori il ministro Luca Ciriani e la Ragioniera Daria Perrotta, che ha registrato tutti i desiderata delle forze politiche promettendo di presentarsi la prossima settimana con le possibili soluzioni. Tra queste ultime si profilano anche tre correttivi per gli enti locali. Dovrebbe tramontare la quota statale sugli aumenti dell’imposta di soggiorno prodotti dalla replica della disciplina giubilare, e le risorse dovrebbero rimanere nella disponibilità dei Comuni chiamati a scegliere se destinarle ai minori non accompagnati o al supporto agli studenti disabili. Un po’ di flessibilità dovrebbe riguardare l’utilizzo dell’avanzo libero, che dovrebbe essere lasciato nella disponibilità degli enti una volta soddisfatte le priorità del ripiano dei debiti fuori bilancio e della salvaguardia degli equilibri. Roma Capitale dovrebbe poi uscire dalla redistribuzione del Fondo di solidarietà comunale: di fronte a questo impegno, oggi in Conferenza Stato-Città dovrebbe arrivare l’intesa fra Governo e sindaci sulla distribuzione del fondo per il 2026.
Resta ora da definire quale sarà il perimetro finale degli emendamenti su cui dovranno essere acquisiti i pareri tecnici e su cui dovrà iniziare il voto la prossima settimana. La commissione Bilancio ha, infatti, dichiarato inammissibili 105 correttivi. Tra questi anche quello della Lega sul piano casa, ma anche quello targato Fratelli d’Italia su opzione donna per motivi di copertura. L’intervento puntava a estendere al 31 dicembre 2025 il termine entro il quale devono essere maturati i requisiti per accedere al trattamento pensionistico anticipato e ad allargare la platea. L’intenzione comunque è di lavorare a una riformulazione delle coperture.
Tra i correttivi che hanno superato la tagliola dell’inammissibilità c’è, invece, quello in base al quale le farmacie con maggiore capacità economica potranno destinare fino allo 0,20% dell’utile netto a progetti di prevenzione sanitaria nei Comuni sotto i 1.500 abitanti.