Direttiva «madre-figlia», l’elusione va dimostrata

30 Aprile 2020

Il Sole 24 Ore lunedì 20 APRILE 2020 di Marco Nessi

FISCO INTERNAZIONALE

L’ufficio non può far leva sulla nozione di beneficiario effettivo come per le royalty

La direttiva “madre-figlia” non prevede la rilevanza della nozione di beneficiario effettivo dei dividendi. Pertanto, l’eventuale accertamento dell’agenzia delle Entrate può basarsi sulla dimostrazione dell’abuso del diritto, ma non solo sulla mancata prova di essere stato l’effettivo beneficiario effettivo dei dividendi. Questo importante principio è stato espresso dalla Commissione tributaria provinciale di Pescara nella sentenza 27/2/2020 (presidente Perla, relatore Papa).

Il caso esaminato ha riguardato una distribuzione di dividendi effettuata da una società italiana a favore dei una società di diritto tedesco (socia controllata dalla prima per il 40 per cento). Su questo dividendo veniva applicata una ritenuta a titolo d’imposta pari all’1,375% ai sensi dell’articolo 27, comma 3-ter, del Dpr 600/73.

Decorso il termine annuale di possesso, la società tedesca presentava istanza di rimborso della ritenuta subita (articolo 27-bis, lettera d, Dpr 600/73). A fronte del diniego espresso, la società presentava ricorso sottolineando che, a differenza di quanto era stato sostenuto dall’ufficio, la direttiva “madre-figlia” non attribuiva alcuna rilevanza alla qualifica di beneficiario effettivo. Inoltre, nel caso di specie non vi era alcuna situazione elusiva in quanto le somme ricevute dall’Italia a titolo di dividendo erano state girate il giorno stesso a una società controllata al fine di ripianare una parte dell’esposizione debitoria che la società stessa vantava nei confronti della controllata.

I giudici di primo grado hanno accolto il ricorso. Il collegio giudicante ha ricordato come, a differenza della direttiva “interessi – royalties”, ai fini dell’applicazione della direttiva “madre-figlia” l’articolo 27-bis non reca alcun riferimento espresso alla nozione di «beneficiario effettivo», ma rinvia alla normativa antielusiva prevista dall’articolo 10-bis della legge 212/2000 (in senso analogo si vedano anche le sentenze della Corte di giustizia Ue, C-116/16 e C-117/16).

Pertanto il diniego al riconoscimento del rimborso della ritenuta avrebbe dovuto essere fondato sulla dimostrazione dell’effettiva sussistenza di un’ipotesi di abuso del diritto e non semplicemente sulla presunta mancata dimostrazione della società di essere stata il beneficiario effettivo dei dividendi. In tal senso, la retrocessione immediata dei dividendi, se unita ad altri elementi, avrebbe potuto costituire un indice della non genuinità della società tedesca e/o delle operazioni effettuate dalla stessa.

Tuttavia, nel caso in esame, la società aveva dimostrato che:

l’intero gruppo di appartenenza era collocato in Germania (paese Ue) senza società extraeuropee che avrebbero potuto lucrare sulla direttiva

il pagamento dei dividendi era stato effettuato al fine di ripianare un’esposizione debitoria che era stata accumulata nei confronti della capogruppo alla distribuzione degli utili.

Questi fatti, provati documentalmente e non contestati, dimostravano la natura indiziaria degli elementi raccolti dall’ufficio, essendo stati effettuati senza l’analisi dell’intero contesto economico aziendale in cui, viceversa, l’operazione avrebbe dovuto essere collocata.

 

Doing business in San Marino

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