Dichiarazione infedele, amministratore di fatto concorrente nel reato

7 Agosto 2017

Il Sole 24 Ore 04 Luglio 2017 di Laura Ambrosi

Cassazione. Il padre aiutava la figlia

Concorre nel reato di dichiarazione infedele il padre che aiuta la figlia nella gestione dell’impresa individuale: il suo ruolo è paragonabile all’amministratore di fatto, configurabile anche se le funzioni riguardano solo alcune attività. A fornire questa rigorosa interpretazione è la Corte di cassazione, terza sezione penale, con la sentenza n. 31906 depositata ieri.
La vicenda
Una persona fisica veniva condannata dal Tribunale a un anno e quattro mesi di reclusione per dichiarazione infedele, relativamente a violazioni commesse dalla ditta individuale intestata alla figlia. Più precisamente, veniva considerato amministratore di fatto e correo nel delitto contestato. La decisione era confermata anche dalla Corte d’Appello: pertanto l’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando che, pur avendo la firma sui conti, era estraneo alla tenuta della contabilità. Si limitava a una collaborazione con la giovane per aiutarla a intrattenere i rapporti commerciali. La Corte, ritenendo inammissibile il ricorso per manifesta infondatezza, ha fornito interessanti chiarimenti sulla qualificazione di un amministratore di fatto.
Nel corso della verifica, i militari avevano dato atto, innanzitutto dell’intervento del padre per qualunque richiesta di delucidazione, nonostante la titolarità dell’impresa fosse solo della figlia. Quest’ultima si era mostrata poco informata sulla gestione non solo commerciale (incassi e pagamenti), ma anche contabile. Inoltre, alcune fatture non contabilizzate erano state incassate sul conto personale del padre, dimostrando la piena disponibilità delle attività aziendali. Per queste ragioni, i verificatori prima e il giudice territoriale poi, avevano ritenuto che fosse l’amministratore di fatto e gestore dell’impresa intestata alla figlia e, quindi, corresponsabile del reato di dichiarazione infedele per aver sottratto elementi attivi superando la soglia di punibilità.
Le indicazioni dei giudici
I giudici di legittimità hanno precisato che in tema di reati tributari, per l’attribuzione a un soggetto della qualifica di amministratore di fatto, pur non occorrendo l’esercizio di tutti i poteri tipici dell’organo di gestione, è necessaria una significativa e continua attività gestoria, svolta non occasionalmente. Occorre continuità delle funzioni (di tutte, di alcune o una di esse) proprie degli amministratori. Tra questi compiti va considerato in primo luogo il controllo contabile e amministrativo, poi l’organizzazione interna ed esterna costituente l’oggetto della società. Con riferimento a quest’ultima, va verificata anche la funzione di rappresentanza eventualmente rivestita. La Cassazione ha così affermato che l’amministratore di fatto è chi esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti a qualifica o funzione: non è necessario l’esercizio di tutti i poteri, poiché è sufficiente «un’apprezzabile attività gestoria» non occasionale. Nella specie la conferma dell’intervento del padre emergeva anche dalla sua difesa. Il padre aveva riconosciuto l’omessa registrazione di operazioni attive realmente avvenute, peraltro incassate su propri conti correnti personali.

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