Deroga al segreto professionale, serve il permesso del magistrato

9 Settembre 2025

Il Sole 24 Ore lunedì 25 Agosto 2025 di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

Se nel corso di una verifica un professionista oppone il segreto professionale, è necessario un provvedimento ad hoc del magistrato, non essendo sufficiente una preventiva e generica autorizzazione che consenta di derogare al segreto professionale.

A fornire queste interessanti indicazioni è la Corte di cassazione con l’ordinanza 17228 depositata il 26 giugno scorso.

In estrema sintesi, un avvocato, nel corso di una verifica fiscale della Guardia di Finanza eccepiva il segreto professionale rispetto a un blocknotes contenente, secondo i finanzieri, l’indicazione dei nominativi dei clienti e dei compensi incassati.

A fronte di questa eccezione, i finanzieri notificavano l’autorizzazione della Procura all’acquisizione di documentazione in deroga al segreto professionale, che tuttavia era antecedente rispetto al momento di formulazione dell’eccezione.

Il successivo avviso di accertamento, che contestava un maggior imponibile, si fondava anche sui dati contenuti nel citato blocknotes.

Il professionista lamentava che a fronte dell’eccezione del segreto professionale, l’autorizzazione era temporalmente antecedente e di conseguenza non indicava la documentazione da acquisire in deroga al segreto. Si trattava quindi di un’acquisizione illegittima dei documenti che inficiava anche il successivo accertamento.

Mentre i giudici di primo grado respingevano il ricorso del contribuente, quelli di appello lo accoglievano. L’Agenzia nel ricorso per Cassazione eccepiva, in estrema sintesi che la norma di riferimento non prescrive che l’autorizzazione debba essere richiesta in un momento successivo all’eccezione sollevata dal professionista.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, evidenziando che se nel corso dell’accesso nello studio professionale sia eccepito il segreto relativamente a determinati documenti, gli operanti possono esaminarli solo in forza di un’autorizzazione ad hoc. Detto provvedimento deve essere successivo al verificarsi della situazione che ne aveva imposto il rilascio e riferirsi specificamente ai documenti per i quali l’esigenza si è manifestata.

Non è sufficiente un’autorizzazione preventiva e generica.

La decisione è pienamente condivisibile. Peraltro è in linea non solo con l’orientamento delle sezioni unite ma con la nuova previsione contenuta nell’articolo 7-quinquies della legge 212/2000 in base alla quale non sono utilizzabili ai fini dell’accertamento del tributo gli elementi di prova acquisiti in violazione di legge e non vi è dubbio che la legge (articolo 52, Dpr 633/72) richieda una autorizzazione ad hoc.

Va detto, per completezza, che nelle circolari emanate negli anni dal Comando generale della Gdf sull’attività di verifica, per queste ipotesi è stata sempre evidenziata la necessità di una autorizzazione ad hoc da richiedere alla competente autorità giudiziaria. Nella specie, l’intera vicenda (proseguita su tre gradi di giudizio, l’annullamento dell’accertamento e la condanna alle spese) deriva, probabilmente, da una inosservanza dei verificatori delle direttive centrali della Gdf.

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