Delega di funzioni, giudici sempre più rigorosi con gli ad

9 Settembre 2025

Il Sole 24 Ore 13 Agosto 2025 di Alessandro De Nicola

Il tema della delega di funzioni nell’ambito della responsabilità penale degli amministratori delegati (Ad) è uno snodo cruciale per la corporate governance delle società complesse, soprattutto in settori ad alto rischio come infrastrutture, energia e grande industria. La recente sentenza della Cassazione penale, Sezione V, 14 luglio 2025 n. 25729, offre l’occasione per riflettere sull’evoluzione dei criteri giurisprudenziali in materia, mettendo a confronto l’attuale orientamento rigoroso con posizioni più “morbide” che hanno caratterizzato la prassi giudiziaria degli anni precedenti.

Nella moderna corporate governance, la delega di funzioni è uno strumento essenziale per garantire l’efficienza gestionale e la specializzazione delle competenze. In organizzazioni di grandi dimensioni, l’Ad non può materialmente sovrintendere a ogni aspetto operativo: la delega consente di attribuire compiti specifici a dirigenti e responsabili di area, favorendo una gestione più snella e reattiva che valorizza le competenze. Tuttavia, la delega non è solo un istituto organizzativo, ma assume anche una valenza giuridica fondamentale, in quanto può incidere sulla ripartizione delle responsabilità penali in caso di eventi dannosi.

La sentenza 25729/2025 della Cassazione è il punto di arrivo di un percorso giurisprudenziale che ha progressivamente irrigidito i requisiti di validità della delega di funzioni. Secondo la Corte, la delega può escludere la responsabilità dell’Ad solo se rispetta criteri molto stringenti. Eccone l’elenco.

Forma scritta e specificità: la delega deve essere formalizzata per iscritto e riferita a funzioni ben determinate, non potendo essere generica o indeterminata;

Effettività: il trasferimento dei poteri deve essere reale e non meramente cartolare; il delegato deve essere posto nelle condizioni di esercitare concretamente le funzioni attribuite;

Professionalità e autonomia di spesa: il delegato deve possedere le competenze tecniche necessarie e disporre di un’autonomia di spesa adeguata per l’esercizio delle funzioni delegate;

Contenuto specifico: la delega deve riguardare settori di competenza ben individuati e non può mai comprendere le scelte strategiche di fondo o i profili strutturali dell’organizzazione, che restano in capo all’organo apicale;

Alta vigilanza: anche in presenza di una delega valida, l’Ad mantiene un obbligo di «alta vigilanza» sull’operato del delegato, con dovere di intervento in caso di inadempimento.

La Corte sottolinea che la delega può avere effetto liberatorio solo se l’evento dannoso è riconducibile a una disfunzione occasionale nell’ambito delle funzioni delegate, mentre la responsabilità dell’Ad permane in caso di carenze strutturali, difetti organizzativi o scelte strategiche errate.

Non sempre la giurisprudenza ha richiesto requisiti così rigorosi. In passato, soprattutto prima della codificazione dell’articolo 16 del Dlgs 81/2008, la Cassazione ha talvolta adottato un approccio più flessibile. In alcune pronunce, è stato ritenuto sufficiente, ai fini dell’efficacia della delega, che il trasferimento delle funzioni e dei poteri fosse effettivo, anche in assenza di una formale delega scritta, purché fosse dimostrato che il delegato esercitava in concreto i poteri necessari (Cassazione, sezione IV penale, n. 24136/2016, Di Maggio, e n. 22606/2017, Minguzzi).

La svolta verso un approccio più rigoroso si è avuta con la sentenza delle Sezioni Unite sulla vicenda Thyssen (2014) e con la codificazione dell’articolo 16 del Dlgs 81/2008, che hanno fissato in modo tassativo i requisiti della delega di funzioni, almeno in materia di sicurezza sul lavoro. La giurisprudenza successiva ha esteso tali principi anche ad altri ambiti della responsabilità penale d’impresa, affermando che i requisiti della delega non possono essere meno rigorosi di quelli previsti dal legislatore: forma scritta, specificità, professionalità, autonomia di spesa e contenuto determinato. Questa estensione ad altri ambiti, come vedremo, apre una serie di questioni. La sentenza del 2025 conferma e rafforza questa linea, affermando che la delega non può mai riguardare le scelte strategiche di fondo e che l’Ad mantiene sempre un obbligo di alta vigilanza, la cui omissione può fondare una responsabilità per cooperazione colposa in caso di evento dannoso.

L’evoluzione giurisprudenziale descritta ha un impatto diretto sulla corporate governance delle società complesse. Da un lato, la necessità di formalizzare le deleghe secondo criteri rigorosi impone alle imprese di dotarsi di procedure interne chiare, di una documentazione accurata e di un sistema di controlli che consenta all’Ad di esercitare effettivamente l’alta vigilanza richiesta. Dall’altro, la tendenza a non riconoscere effetto liberatorio alla delega in caso di carenze strutturali o scelte strategiche errate rafforza la centralità della funzione di indirizzo e controllo dell’organo apicale, che non può mai essere completamente deresponsabilizzato.

Non bisogna nascondersi che, poiché questi principi si applicano a tutti gli ambiti di governo dell’impresa e la delega «non può mai comprendere le scelte strategiche di fondo o i profili strutturali dell’organizzazione», nelle strutture estremamente complesse si apre per gli Ad uno scenario per il quale molte loro risorse saranno assorbite da un esercizio della «alta vigilanza» (e non solo) anche in aree dove la loro specifica competenza
non è elevata.

La giurisprudenza più recente della Cassazione, culminata nella sentenza 25729/2025, segna un punto di non ritorno verso una concezione rigorosa della delega di funzioni, che impone alle imprese standard elevati di formalizzazione, effettività e controllo fondati sulla responsabilizzazione effettiva degli organi apicali e sulla centralità del sistema dei controlli interni.

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