Decisivi sede, oggetto dell’attività, amministrazione

11 Maggio 2022

RESIDENZA, CFC E TRANSFER PRICING

Le Guide del Sole 13 aprile 2022 di Luca Gaiani

RESIDENZA EFFETTIVA

Società estere al test della residenza effettiva. Per evitare di dover fare i conti con il fisco italiano, non basta che la sede legale statutaria sia oltrefrontiera, ma occorre individuare, in termini sostanziali, dove si colloca la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale.

Residenza e tassazione worldwide

Individuare la residenza fiscale (italiana o estera) di un contribuente assume una particolare rilevanza per stabilire le modalità impositive del reddito: i contribuenti residenti (persone fisiche o società) devono assoggettare a imposta in Italia i redditi che essi hanno prodotto ovunque nel mondo. I soggetti fiscalmente esteri, invece, devono tassare nel nostro paese (mediante dichiarazione oppure subendo la ritenuta alla fonte) solo i redditi che si considerano ivi prodotti in base alle regole di territorialità indicate nell’articolo 23 del Tuir.

La residenza fiscale delle società e degli enti soggetti a Ires è disciplinata dall’articolo 73 del Tuir. Per le società di persone, regole analoghe sono indicate dall’articolo 5, lettera d). Va ricordato che le società personali (o comunque le società trasparenti, come ad esempio le Llc statunitensi) con sede estera seguono, in Italia, le disposizioni previste per le società di capitali: esse sono dunque contribuenti opachi, pagano l’Ires sui redditi prodotti nel nostro paese, sicché al socio italiano sono attribuiti soltanto gli utili distribuiti (quali redditi di capitale).

Le società si considerano residenti in Italia qualora, per la maggior parte del periodo di imposta, si trovi in Italia anche uno solo dei seguenti tre elementi: sede legale, sede dell’amministrazione, oggetto dell’attività.

La regola dei 183 giorni

Il criterio di prevalenza temporale fa sì che laddove la società abbia trasferito o mantenuto la sua residenza (e dunque uno o più dei tre elementi) in Italia da una data antecedente al 2 luglio, essa si considererà fiscalmente residente per l’intero anno d’imposta, dovendo tassare con le regole interne (bilancio e dichiarazione) anche i redditi realizzati nel primo semestre dell’esercizio.

Individuare la localizzazione del primo elemento (sede legale) non solleva criticità: va considerato ciò che risulta formalmente dallo statuto e dagli atti sociali.

La sede dell’amministrazione, che è il punto focale delle verifiche in materia di esterovestizione, è da intendersi, come indicato dalla giurisprudenza più recente (Cassazione, 24872/2020 e 6476/2021), come sede effettiva (concetto di matrice civilistica) cioè il luogo in cui si svolgono in concreto le assemblee e le adunanze degli organi direttivi e nel quale, dunque, si assumono le scelte strategiche in vista del compimento degli affari. In sede ispettiva (si veda la circolare della Guardia di finanza, 1/2018) si presta particolare attenzione alla residenza degli amministratori (che non è un indicatore previsto dalla legge), nel presupposto che se tutti gli amministratori (o la maggioranza di essi) sono italiani è ragionevole ritenere che le decisioni siano prese nel nostro paese.

Amministratori esteri

In presenza di amministratori italiani, è allora necessario, per avvalorare la residenza estera, che tutte le riunioni si tengano oltreconfine e che ciò sia confermato dai documenti di viaggio e di soggiorno (con l’eccezione del periodo pandemico nel quale le riunioni si sono realizzate in videoconferenza).

Se gli amministratori sono residenti all’estero, gli uffici tendono poi a verificare se essi hanno adeguati poteri (e compensi) per la gestione ovvero se si tratta, invece, di professionisti che, secondo accordi fiduciari, eseguono sistematicamente decisioni assunte in Italia. Per dimostrare la sede effettiva estera, è poi necessario (ma non sufficiente) che l’operatività aziendale giorno per giorno sia in mano a persone in loco e che dunque l’organizzazione dei processi produttivi e di vendita non sia invece teleguidata dall’Italia. Indicazioni a tal fine si possono trarre dal luogo in cui sono stati conclusi e sottoscritti (anche mediante gli scambi di e-mail) i contratti rilevanti per l’attività della società. Attenzione, però, il centro delle decisioni sulla gestione non coincide sempre con l’attività di direzione e coordinamento svolta in base all’articolo 2497 del Codice civile da una controllante italiana. Ciò che rileva, cioè, non sono le linee guida dell’attività aziendale dettate dalla casa-madre, ma le effettive decisioni gestionali, le quali, soprattutto nelle entità operative, devono essere in mano a persone operanti all’estero.

Alcune recenti sentenze hanno escluso la residenza italiana in base alla mera localizzazione italiana del centro di direzione della attività (sede effettiva) in presenza di strutture estere che ivi esercitano una reale attività commerciale (Cassazione penale 43809/2015).

Dove è situato l’oggetto

Il terzo elemento da indagare è il luogo in cui è collocato l’oggetto della società. Indagine generalmente semplice per attività industriali e commerciali tradizionali (che richiedono stabilimenti, uffici, magazzini, personale), che solleva invece dubbi interpretativi per società non operative, quali le immobiliari di gestione e le holding.

Per le immobiliari, il possesso di fabbricati situati, in prevalenza, nel nostro paese è tale da far scattare, secondo la prevalente dottrina, la residenza fiscale italiana anche se la direzione (e dunque la gestione dei contratti di locazione) è situata all’estero. Per le holding (ferma restando la norma specifica descritta nelle pagine seguenti), invece, il possesso da parte dell’entità estera di azioni di società italiane non è tale da far considerare automaticamente situato in Italia l’oggetto della attività.

Holding con sedi estere: vale ogni mezzo per dimostrare il radicamento fuori dall’Italia

Presunzione di residenza, salvo prova contraria, per le holding caratterizzate dal cosiddetto doppio controllo. La legge considera fiscalmente italiane le società con sede estera che, ad un tempo, controllano società di capitali e sono controllate o in prevalenza amministrate da contribuenti residenti nel nostro paese. Con la contestazione di esterovestizione, scattano gli accertamenti per il reddito non dichiarato, ma anche per gli adempimenti omessi in qualità di sostituti di imposta e eventualmente di Iva.

Il test del doppio controllo

L’articolo 73, comma 5-bis, del Tuir colloca presuntivamente in Italia (salvo prova contraria) la sede dell’amministrazione delle società estere che rispettano congiuntamente due condizioni:

detengono direttamente (anche per il tramite di società fiduciarie) partecipazioni di controllo in base all’articolo 2359, comma 1 del Codice civile società di capitali o enti residenti in Italia (controllo attivo);

sono controllate anche indirettamente (sempre in base all’articolo 2359, comma 1, del Codice civile) da contribuenti italiani (controllo passivo), oppure sono amministrate da un organo in prevalenza composto da persone residenti in Italia.

Il test del doppio controllo va effettuato verificando la situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio della società estera e cumulando, quanto al controllo passivo, i voti spettanti ai familiari indicati nell’articolo 5, comma 5, del Tuir. Il controllo attivo rileva, in base alla norma, solo se la partecipazione che la società estera detiene nella Srl o nella Spa italiana è diretta, mentre per il controllo passivo (soci italiani della società estera) si considerano anche rapporti indiretti.

La circolare 28/E/2006 ha però affermato che anche nel controllo attivo possono essere presenti catene societarie composte da più sub-holding estere. La presunzione di residenza in Italia della società estera che direttamente controlla una società italiana, renderà operativa, a parere delle Entrate, la presunzione anche per la società estera inserita nell’anello superiore della catena societaria. Ad esempio, si consideri il caso di Tizio (italiano) che controlla Alfa Sa (Lussemburgo) che a sua volta controlla Beta Bv (Paesi Bassi) che controlla direttamente Gamma Spa (Italia). Tizio controlla indirettamente Beta Bv (controllo passivo) la quale si considera presuntivamente italiana; conseguentemente, anche per Alfa Sa, che controlla direttamente una società esterovestita (presuntivamente italiana), scatta la presunzione di residenza.

Prova contraria

Il secondo sub requisito (residenza italiana degli amministratori) è alternativo al controllo passivo. Diventa dunque esterovestita anche la società estera (controllante di Srl o Spa italiana) partecipata solo da contribuenti non residenti, se il suo consiglio di amministrazione è composto prevalentemente da persone residenti nel nostro paese.

La condizione scatta se gli amministratori italiani sono prevalenti nella maggior parte del periodo di imposta (circolare 11/E/2007). La prassi accertativa si è indirizzata alla ricerca di eventuali amministratori di fatto, dato che, nelle holding esterovestite, è frequente l’attribuzione di incarichi a professionisti locali che fungono da mandatari dei titolari effettivi.

Per vincere la presunzione di esterovestizione in presenza di doppio controllo, la holding dovrà dimostrare, con argomenti adeguati e convincenti, che la sede di direzione effettiva della società non è in Italia, bensì all’estero (si veda la circolare 28/E/2006). Tali argomenti e prove dovranno dimostrare che esistono elementi di fatto, situazioni od atti, idonei a dimostrare un concreto radicamento della direzione effettiva nello Stato estero.

In sede di riposta alla Commissione europea (cui la norma era stata rinviata da una denuncia dell’Associazione italiana dottori commercialisti), le Entrate hanno chiarito che la prova di radicamento estero della holding può essere fornita con ogni ordinario mezzo, tra cui i verbali delle adunanze dei Cda, documenti di viaggio degli amministratori o dei soci italiani per recarsi presso la sede estera, documentazione contabile e contrattuale redatta all’estero. Il certificato di residenza fiscale rilasciato dalle autorità estere è stato ritenuto documento necessario, ma non sufficiente.

Le conseguenze

L’esistenza dei requisiti (anche presuntivi) di residenza fiscale italiana comporta conseguenze negative particolarmente rilevanti per la società estera. Dal punto di vista sostanziale, trattandosi di società commerciale residente, essa dovrà assoggettare a imposta il reddito prodotto ovunque nel mondo da determinare secondo le regole delle imprese italiane. L’utile del conto economico redatto in base alla legislazione estera dovrà essere sottoposto alle rettifiche in aumento e in diminuzione previste dalla disciplina del reddito di impresa.

Le società esterovestite saranno inoltre sottoposte alle regole sulle società non operative (articolo 30, legge 724/1994) e in perdita sistematica (articolo 2, comma 36-decies, Dl 138/2011). Potrà dunque emergere (si pensi alle holding o alle società immobiliari) un reddito imponibile da dichiarare anche in assenza di utili di bilancio. La violazione si estenderebbe alla tassazione Irap laddove la società abbia realizzato un imponibile in base alle regole del Dlgs 446/1997.

Il valore della produzione conseguito all’estero (da determinare con i criteri dell’articolo 4, comma 2) resterebbe comunque esente dal tributo regionale. Dal punto di vista procedurale, alla società esterovestita verrà contestata l’omessa dichiarazione dei redditi, con la possibile insorgenza del reato tributario (articolo 5, Dlgs 74/2000) qualora venga superata la soglia di 50.000 euro di imposta evasa (e sussista il dolo).

Ritenute alla fonte

Laddove la società esterovestita abbia erogato compensi (per esempio ad amministratori o consulenti italiani) soggetti a ritenuta alla fonte, scatterà anche la contestazione di violazione della normativa sui sostituti di imposta (omesse ritenute, omesso versamento e omessa dichiarazione). La contestazione di esterovestizione può estendersi all’Iva qualora la società abbia posto in essere operazioni (cessioni di beni o prestazioni di servizi) territorialmente rilevanti.

Le società estere rientrano in ogni caso tra i soggetti esercenti attività di impresa (si veda l’articolo 4 del Dpr 633/1972), ma l’assoggettamento ad Iva delle operazioni dalle stesse effettuate in Italia (si pensi alla vendita di un terreno fabbricabile posto nel nostro paese) avviene mediante inversione contabile ogni qual volta il cessionario o committente sia un soggetto passivo stabilito in Italia. Questo meccanismo potrebbe essere disatteso (con applicazione dell’Iva da parte del cedente) in caso di contestazione di residenza italiana.

Doing business in San Marino

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