Dall’Irlanda all’Ungheria, almeno 35 Paesi nel mirino della minimum tax sulle società
10 Maggio 2021
Il Sole 24 Ore 8 aprile 2021 di Angelo Mincuzzi
FISCO GLOBALE
Le giurisdizioni che applicano l’aliquota zero risultano 15
Emirati Arabi Uniti, zero. Bahamas, zero. Bermuda, zero. Isola di Man, Jersey e Guernsey, zero. Ungheria, nove. Gibilterra, dieci. Cipro, Irlanda e Liechtenstein, dodici virgola cinque. Sono almeno 35 i paesi che rischiano di finire nel mirino del G20 perché applicano aliquote fiscali tra lo zero e il 12,5% sugli utili delle società. Percentuali troppo lontane dalla media del 23,5% raggiunta nel 2020 dai 37 paesi aderenti all’Ocse.
Contro di loro – da lunedì scorso – è puntato il dito del segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Janet Yellen. Parlando davanti al Chicago Council on Global Affairs, il segretario al Tesoro ha affermato che gli Usa stanno lavorando con i Paesi del G20 per concordare un’aliquota fiscale minima globale per le società, in modo da fermare la corsa al ribasso sulla tassazione degli utili che dura da più di trent’anni.
L’amministrazione Biden sa bene che l’aumento delle imposte sulle società dal 21% al 28% prospettato dal presidente Usa pochi giorni fa rischia di far fuggire all’estero gli utili delle grandi corporation. L’incremento delle imposte dovrebbe contribuire a finanziare l’ambizioso piano infrastrutturale da 2.300 miliardi di dollari deciso da Biden ma per raggiungere l’obiettivo è necessario sterilizzare la concorrenza fiscale di un gruppo di paesi che attraggono le società americane in cambio di imposte nulle o molto basse. Una decisione del G20 che vada nel senso auspicato da Janet Yellen rappresenterebbe una svolta per far rallentare la spirale perversa dei paradisi fiscali.
Ma chi sono i paesi che avrebbero da perdere da un’iniziativa del G20? Per capirlo bisogna leggere un report del dicembre 2020 della Tax Foundation, un think tank di Washington fondato nel 1937 da un gruppo di top manager, tra i quali l’allora presidente della General Motors, Alfred Sloan Jr.
Secondo Tax Foundation sono 15 i Paesi che non prevedono imposte sugli utili societari. Si tratta di Anguilla, Bahamas, Bahrain, Bermuda, Isole Vergini Britanniche, Isole Cayman, Guernsey, Isola di Man, Jersey, Saint Barthelemy( una collettività d’oltremare della Francia), Tokelau (territorio della Nuova Zelanda), Isole Turks and Caicos, Emirati Arabi Uniti, Vanuatu e le Isole Wallis e Futuna (territorio francese nel Pacifico). Alcuni di loro sono paradisi fiscali ampiamente utilizzati dalle società per ridurre il loro carico fiscale globale.
Altri 20 Stati applicano un’aliquota inferiore al 12,5%. In questo gruppo gli unici paesi industrializzati sono Irlanda (con il 12,5%) e Ungheria (9%). Dublino è ferma a quest’aliquota dal 2003 mentre Budapest l’ha ridotta dal 10% al 9% nel 2017. Altri 10 paesi prevedono una percentuale del 10% e sei di loro sono piccoli Stati europei, soprattutto dell’Est (Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Kosovo, Macedonia del Nord, Andorra e Gibilterra).
Dal punto di vista dell’amministrazione Biden, convincere gli altri partner del G20 a fissare un’aliquota minima globale rappresenterebbe un passo importante ma potrebbe non bastare. Il perché lo rivela uno studio del maggio 2020 dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano, diretto da Carlo Cottarelli.
Il documento pone l’accento sulla differenza tra le aliquote statutarie e quelle effettive nei paesi dell’Unione europea. Il messaggio è che la tassazione applicata alle imprese può essere ufficialmente alta ma in realtà molto bassa, perché ridotta da trattamenti specifici come i tax ruling,deduzioni, detrazioni e accordi contro la doppia imposizione fiscale che, nel tentativo di evitare doppie tassazioni, finiscono spesso per non applicarne alcuna.
I casi più rilevanti di differenza tra tassazione ufficiale e reale sono diversi. In primo luogo, l’Irlanda, dove l’aliquota è del 12,5% ma dove la percentuale più bassa applicata è stata dello 0,005%.
Poi il Lussemburgo, che ha un’aliquota ufficiale del 25% ma dove è stata applicata anche una percentuale dello 0,3%, cioè il 99% in meno. E l’Olanda, dove a un’aliquota del 25% può corrispondere una tassazione effettiva del 2,44% (il 90% in meno). E poi il Belgio, con il 29% di tassazione (che scenderà al 25% quest’anno) ma il 2,9% applicato effettivamente in alcuni casi (-90%). Per finire a Cipro (12,50% contro lo 0% applicato, il 100% in meno) e a Malta (35% ufficiale, 5% di aliquota più bassa applicata, l’86& in meno).
Non sarà facile evitare scappatoie se si dovesse raggiungere l’obietivo di una aliquota minima globale. Liniziativa promossa dall’amministrazione Biden interromperebbe però un trend cominciato molto tempo fa. Negli ultimi 40 anni, infatti, le aliquote dell’imposta sugli utili societari sono diminuite costantemente su base globale. Nel 1980, la percentuale fiscale media mondiale era del 40,11%. Oggi, il tasso legale medio si attesta al 23,85%, con una riduzione del 41%.
Se però Biden e Yellen convinceranno i paesi del G20, questi numeri. E per i paradisi fiscali comincerà una vita un po’ più difficile di quella di oggi.