Criptovalute: ecco le sanzioni sul quadro RW non compilato

15 Dicembre 2023

l Sole 24 Ore 4 Dicembre 2023 di Rosanna Acierno

Accertamento e Riscossione

Nel 2020, ho acquistato criptovalute per un modico valore, che attualmente è pari a seimila euro. In caso di non adesione alla sanatoria – senza regolarizzazione, dichiarazione integrativa e ravvedimento operoso – quali sono le sanzioni/conseguenze per le criptovalute non dichiarate?

In caso di mancata regolarizzazione successiva all’omessa compilazione del quadro RW, qualora il cosiddetto wallet non sia detenuto presso un intermediario residente, l’amministrazione finanziaria potrebbe – con un apposito atto di contestazione – comminare, innanzitutto, le sanzioni dal 3% al 15% dell’ammontare degli importi non dichiarati per ciascun anno, a decorrere dall’anno di imposta 2020 (articolo 5, comma 2, del Dl 167/1990, convertito in legge 227/1990). Inoltre, a decorrere dall’anno d’imposta 2023, l’amministrazione finanziaria potrebbe, con un ulteriore atto impositivo, accertare la maggiore imposta sul valore delle criptovalute secondo l’aliquota proporzionale del 2 per mille annuo (in forza dell’articolo 19, comma 18, del Dl 201/2011, modificato dall’articolo 1, comma 146, della legge 197/2022, di Bilancio per il 2023), unitamente alla irrogazione di sanzioni dal 120% al 240% dell’imposta, oltre alla maggiore imposta di bollo, anch’essa con l’aliquota proporzionale del 2 per mille annuo, secondo quanto stabilito dall’articolo 13, comma 2-ter, della tariffa allegata al Dpr 642/1972. Si fa rilevare, infatti, che fino al 2022, le cripto-attività non erano soggette all’Ivafe (imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero), come chiarito anche dalle risposte a interpello all’agenzia delle Entrate 24 novembre 2021, n. 788, 24 agosto 2022, n. 433 e 26 agosto 2022, n. 437. A partire dal 1° gennaio 2023, invece, anche le cripto-attività sono soggette all’imposta di bollo e a un’imposta sul valore delle cripto-attività che riprende per buona parte la normativa dell’Ivafe.

Infine, l’amministrazione finanziaria, sulla base dell’articolo 6 del Dl 167/1990, che prevede una presunzione di fruttuosità degli investimenti all’estero posseduti da un contribuente residente tenuto agli obblighi in materia di monitoraggio fiscale, potrebbe accertare un maggiore reddito in misura pari al tasso ufficiale di riferimento vigente in Italia nel relativo periodo d’imposta e comminare le sanzioni dal 90 al 180 per cento. Come detto, le imposte e le sanzioni citate potrebbero essere dovute ove le cripto-attività fossero detenute presso un intermediario non residente, o se fossero archiviate su chiavette, Pc o smartphone. Non dovrebbe, invece, essere comminata alcuna sanzione, né verrebbe accertata alcuna maggiore imposta, ove il wallet sia detenuto presso un intermediario residente in Italia. Infatti, secondo quanto chiarito dalle risposte a interpello all’agenzia delle Entrate 24 agosto 2022, n. 433, e 26 agosto 2022, n. 437, le cripto-attività si considerano di fonte estera nella misura in cui il wallet non è detenuto presso un intermediario residente, con la conseguenza che non vi è alcun obbligo di monitoraggio qualora l’intermediario sia una società italiana.

Doing business in San Marino

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