Costo del lavoro spia dell’evasione
8 Marzo 2019
Il Sole 24 Ore 5 FEBBRAIO 2019 di Giuseppe Napoli e Raffaele Vitale
FONDAZIONE VISENTINI – CERADI
La Suprema Corte, con l’ordinanza 25290/2018, ha integrato il canone pretorio dell’antieconomicità ritenendo valido come elemento presuntivo la presenza di un dipendente con una retribuzione di poco inferiore al reddito del datore di lavoro. Nel caso di specie, il giudice di legittimità, ha esaminato un rilevante corredo istruttorio, costituito dal reddito del dipendente, dal tenore di vita del contribuente e dall’ubicazione dell’attività, ritenendolo indicativo di una incoerenza logica nella gestione imprenditoriale e, quindi, idoneo a disconoscere le scritture contabili e a consentire la determinazione induttiva del reddito. Invero, negli ultimi anni, i mass-media hanno commentato i dati del Mef sulle dichiarazioni dei redditi, evidenziando come la media delle retribuzioni dei dipendenti risulti spesso superiore a quanto dichiarato dagli imprenditori. Pur dando atto che ragionevoli scelte imprenditoriali o sfavorevoli contingenze economiche concorrano a determinare una siffatta incoerenza per alcuni degli interessati, per altri il dato appare sintomatico di evasione, tanto più grave quando il datore di lavoro goda anche di sussidi altrimenti non spettanti.
Orbene, si auspica un’opportuna riflessione de iure condendo, giacché la griglia normativa offerta dalle presunzioni tributarie semplici potrebbe presentare maglie troppo strette, ove il dato presuntivo non fosse accompagnato da nuovi elementi di prova, mettendo a rischio l’esito dell’accertamento, ovvero troppo larghe, così da esporre l’imprenditore a un caleidoscopio di valutazioni e scoraggiare politiche d’investimento sulle risorse umane. Nello stesso tempo, il quadro delle presunzioni legali esige un costante aggiornamento, per far emergere nuove condotte potenzialmente evasive e perfezionare gli strumenti in uso.
In ragione di tali esigenze potrebbe prevedersi una presunzione legale relativa, in base alla quale il reddito dell’imprenditore non dovrebbe essere inferiore al reddito medio dei suoi dipendenti. In modo analogo, in ipotesi di società a ristretta base societaria, la società dovrebbe dichiarare un reddito non inferiore a quello medio dei dipendenti, moltiplicato per il numero dei soci. La presunzione risponderebbe a un canone di ragionevolezza, riconoscendo al contribuente ampia facoltà di fornire prova contraria. La possibile censura di convenienza a pagare meno o in nero i propri dipendenti, è superabile, trattandosi di un aggiramento della norma oneroso, in ragione dei minori costi deducibili e delle sanzioni conseguenti alla relativa evasione contributiva. Nel frattempo, l’Amministrazione finanziaria avrebbe la possibilità di eseguire controlli più efficienti, concentrati su coloro non in linea con la presunzione, e più efficaci, nella misura in cui una maggiore ponderazione e la predeterminazione del criterio presuntivo, rendono l’esito dell’attività di verifica meno incerto.