Corte Ue, alt al modello spagnolo: a rischio il nostro quadro RW

7 Febbraio 2022

Il Sole 24 Ore 31 gennaio 2022 di Stefano Capaccioli  e Dario Deotto

Con sentenza del 27 gennaio 2022, C-788/2019, la Corte di giustizia ha sancito che la normativa spagnola, che obbliga i soggetti residenti in Spagna a dichiarare i loro beni o i loro diritti situati all’estero, è contraria al diritto dell’Unione in quanto non conforme al principio di proporzionalità. Questo può determinare una serie di (indirette) conseguenze anche per il quadro RW “nostrano” (si veda anche Il Sole 24 Ore di venerdì scorso).

La normativa spagnola che obbliga alla presentazione del «Modello 720» è contenuta nella Ley General Tributaria n. 58/2003, la quale prevede la comunicazione delle attività detenute all’estero, con rilevanti penalità in caso di omessa ovvero di infedele dichiarazione.

La Corte di giustizia ha dichiarato che la Spagna è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del principio della libera circolazione dei capitali dato che l’obbligo di presentazione del «Modello 720» e le sanzioni collegate all’inosservanza o all’adempimento inesatto o tardivo di tale obbligo, che non hanno equivalenti per quanto riguarda i beni o i diritti situati nel territorio spagnolo, istituiscono una disparità di trattamento tra i residenti in Spagna.

Secondo la Corte, tale obbligo è idoneo a dissuadere, impedire o limitare le possibilità dei residenti di tale Stato di investire in altri Paesi e, pertanto, costituisce una restrizione alla libertà di circolazione dei capitali.

La Corte sottolinea che gli obiettivi di contrasto all’evasione tributaria non risultano perseguiti con proporzionalità dato che la normativa spagnola eccede quanto necessario in relazione ai termini di prescrizione, alla misura della penalità proporzionale nonché con riguardo alle previste sanzioni forfettarie, il cui importo non è commisurato alle penalità previste per infrazioni simili. In particolare viene stabilito che la presunzione spagnola – la quale prevede che si considerino plusvalenze patrimoniali non dichiarate le somme corrispondenti al valore dei beni non dichiarati nel «Modello 720» (presunzione abbastanza simile a quella italiana del Dl 78/2009) senza fissare un preciso termine prescrizionale (da noi, decadenziale) – eccede quanto necessario per garantire l’efficacia dei controlli fiscali e per contrastare l’evasione e l’elusione.

Parimenti non rispettosa del principio di proporzionalità viene ritenuta la sanzione spagnola del 150 per cento (determinata sull’imposta calcolata sulle somme detenute all’estero) la quale, sommandosi ad altra di carattere forfettario, viene ritenuta che arrechi un pregiudizio sproporzionato alla libera circolazione dei capitali. Lo stesso viene stabilito per le sanzioni formali di carattere forfettario, il cui importo non risulta conforme alle penalità previste per infrazioni simili nel contesto nazionale spagnolo.

I principi che la Corte di giustizia ha elaborato – e che confermano (punto 27) che la mera circostanza che un contribuente detenga beni al di fuori del territorio dello Stato non può legittimare una presunzione legale di evasione – possono mettere a rischio il sistema italiano di monitoraggio tributario del Dl 167/1990, dato che le “conseguenze” sia sotto il profilo sanzionatorio che presuntivo appaiono molto simili a quelle spagnole. Sicché va indagato se l’entità delle sanzioni previste in Italia rispettano davvero il principio di proporzionalità.

Risultano a rischio, sotto tale profilo, le conseguenze che si hanno quando le violazioni sono commesse per più anni, posto che ai fini della definizione a un terzo ex articolo 16 del Dlgs 472/1997 il software delle Entrate si è letteralmente inventato un confronto con un’Irpef che di fatto non esiste. Parimenti sproporzionate risultano le penalità legate alle attività detenute nei paesi cosiddetti black list e non, invece, eventualmente, riferite alle attività detenute in Stati terzi (rispetto alla Ue) che non consentono un adeguato scambio di informazioni. In tal caso, infatti, oltre alla sanzione dal 6 al 30 per cento delle attività non dichiarate, si ha la presunzione (difficilmente sconfessabile) in base alla quale le predette attività si ritengono costituite con redditi sottratti a tassazione in Italia (articolo 12 del Dl 78/2009). Presunzione per la quale i termini decadenziali di accertamento risultano raddoppiati; così come raddoppiate risultano le sanzioni ordinariamente applicabili dell’articolo 1 del Dlgs 471/1997.

In sostanza, le misure sanzionatorie nazionali (dirette e indirette) relative al monitoraggio fiscale sembrano davvero istituire una restrizione sproporzionata alla libera circolazione dei capitali.

Doing business in San Marino

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