Brexit, gli impatti per i risparmiatori

13 Febbraio 2020

Il Sole 24 Ore 1 FEBBRAIO 2020 di Gaia Giorgio Fedi

Viaggi, lavoro, studio, risparmi e investimenti: ecco cosa cambia e cosa no con l’uscita del Regno Unito dalla Ue

A due anni e mezzo dal referendum sulla Brexit, ci si chiede cosa cambia davvero per i consumatori italiani ed europei a partire da oggi, primo giorno in cui si consuma ufficialmente il divorzio tra Regno Unito e Ue. Per ora nulla: oggi parte il periodo di transizione che si concluderà a dicembre, durante il quale verranno negoziati i rapporti futuri tra il Paese uscente e l’Unione europea, dai quali dipenderanno in gran parte gli effetti concreti della Brexit per i cittadini.

Viaggi, studio lavoro

«Almeno fino al 2021 i cittadini dell’Unione, dello Spazio Economico Europeo (SEE) e della Svizzera potranno continuare a recarsi nel Regno Unito per le vacanze o viaggi di breve durata senza visto, semplicemente con un passaporto valido o una carta d’identità nazionale», spiega Marco Stillo, associate della sede di Bruxelles di De Berti Jacchia. Successivamente serviranno passaporto e visto elettronico ma Stillo sottolinea che chi si è trasferito nel Regno Unito prima del 21 dicembre 2020 e ha fatto domanda attraverso l’EU Settlement Scheme potrà usare la carta almeno fino al 31 dicembre 2025.

Per quanto riguarda i lavoratori, «l’Immigration and Social Security Coordination Bill abrogherà il diritto europeo in materia di libera circolazione delle persone, rendendo così dal 2021 i cittadini dell’Unione soggetti agli stessi controlli dei cittadini dei Paesi terzi. La nuova legislazione introdurrà un nuovo sistema di immigrazione a punti, ispirato a quello australiano, che concederà permessi di lavoro solo a persone con abilità e qualifiche giudicate necessarie all’economia del Regno Unito», argomenta Stillo. Tuttavia, dal 20 febbraio 2020 il Global Talent visa system consentirà a un numero illimitato di professionisti altamente qualificati di entrare nel Regno Unito anche senza offerte di lavoro.

Sul fronte dello studio universitario nel Paese, Stillo ricorda che per l’anno accademico 2020-2021 gli studenti Ue potranno a pagare le stesse rette dei cittadini britannici usufruendo del cosiddetto “home fee status”. Ma sul 2021-2022 non ci sono ancora indicazioni ufficiali.

Le merci

Un possibile impatto sui consumatori potrebbe arrivare sul fronte delle merci. «Il tempo a disposizione è poco per siglare un accordo di libero scambio, che sarà complesso», spiega Alberto Saravalle, professore di diritto Ue e partner di BonelliErede. «E c’è un ostacolo concettuale, costituito dall’articolo 77 della Dichiarazione Politica, annessa all’Accordo di Separazione, in cui si parla di “level playing field” e di “fair competition”. Un punto dolente, perché potrebbe prevenire la possibilità di avere accesso a beni del Regno Unito che non si conformino agli standard regolatori dell’Ue». Come ricorda Saravalle, Michel Barnier ha detto che l’Ue è pronta a concludere un accordo con zero dazi e zero quote, ma a condizione che non ci sia alcun fenomeno di dumping e concorrenza sleale; e visto che Boris Johnson vuole semplificare gli oneri e ridurre i costi regolatori per le imprese per attrarre business in UK, potrebbe crearsi un impasse negoziale su questo fronte. Dato che il tempo è poco e chiedere una proroga sarebbe una sconfitta politica per Johnson, «c’è il rischio concreto di una hard Brexit, che potrebbe portare a dazi sui prodotti britannici (con costi conseguentemente maggiori), alla necessità di pagare la dogana per i viaggiatori che portano con sé dei beni da un Paese Ue al Regno Unito e viceversa, e addirittura al divieto di accesso al mercato Ue per alcuni prodotti britannici non in linea con le regole europee. I medicinali britannici, per esempio, potrebbero non poter più circolare», commenta Saravalle.

I risparmiatori

Ma cosa accade ai risparmiatori che hanno sottoscritto servizi o prodotti finanziari o assicurativi con soggetti britannici? «Le istituzioni finanziarie, come le banche, le assicurazioni e le società di gestione del risparmio, si sono già organizzate da tempo per non perdere i cosiddetti “passporting rights”, spostando la sede legale in Paesi Ue come Irlanda e Lussemburgo, o aprendo delle branch in Paesi Ue», puntualizza Angelo Speranza, principal associate e solicitor in Inghilterra e Galles per lo studio Eversheds Sutherland. Per il resto, occorrerà vedere quale sarà il quadro normativo che emergerà dall’accordo, ricordando che «una parte dei sostenitori della Brexit puntavano a trasformare il mercato finanziario britannico in una sorta di mercato offshore, con una regolamentazione verosimilmente molto liberista», e che questo «potrebbe configurare un’ipotesi di concorrenza sleale», argomenta Speranza.

Angela Costanzo, associate di Eversheds Sutherland, mette in luce che sul fronte delle autorizzazioni al termine del periodo di transizione il Regno Unito dovrà comportarsi come uno stato terzo. E quindi, una società britannica di servizi finanziari «che voglia operare in Italia dovrà chiedere a un’autorizzazione specifica alle autorità nazionali. E il quadro si complica ulteriormente quando i servizi finanziari sono indirizzati anche alla clientela retail, perché in tal caso sarà necessario anche avere una propria branch in Italia», spiega. In sintesi, i risparmiatori non dovrebbero avere nulla da temere. Anche perché secondo Speranza e Costanzo le autorità e il legislatore si stanno dimostrando attenti a proteggere le esigenze dei risparmiatori in vista della Brexit.

Borsa Italiana

Dal 2007 Borsa Italiana fa parte del London Stock Exchange. «Con l’uscita effettiva del Regno Unito dalla Ue, Borsa Italiana rimarrà un intermediario finanziario autorizzato da Bankitalia con azionariato straniero», osserva Giuseppe Mongiello, partner di Tonucci & Partners. Alla fine del periodo transitorio la relazione tra le sedi di negoziazione e i regolatori dipenderà dall’accordo intervenuto tra Ue e Regno Unito, oppure, «in mancanza di accordo commerciale, secondo quanto stabilito per le infrastrutture di mercato dei Paesi terzi.

Ma niente panico: la Commissione Ue si è impegnata a preservare la stabilità finanziaria, l’integrità del mercato e la protezione dei risparmiatori. E il governo nazionale si è mostrato attento a garantire la piena operatività dei mercati italiani.

Sui contratti non dovrebbero esserci problemi. «Per gli swap, l’Isda (International Swaps and derivatives association) ha già provveduto a stipulare accordi di continuità». Il legale è inoltre fiducioso sul funzionamento di Mts, che ha mantenuto nel 2019 il suo ruolo cruciale nell’assicurare stabilità al mercato secondario del debito pubblico italiano, e sul quale anche le banche centrali europee svolgono importanti operazioni. Infine «a partire dal primo marzo 2019 due degli Mtf (Ebm e MtsCash Domestic Markets) gestiti da EuroMTS Ltd sono passate in gestione a MTS Spa e sotto la sorveglianza di Consob. Mentre a dicembre 2019 Monte Titoli ha ottenuto da Consob e Banca d’Italia l’autorizzazione alla prestazione di servizi in qualità di depositario centrale conformemente al Regolamento Ue Csdr», aggiunge.

Doing business in San Marino

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