Applicare i protocolli anti-Covid tutela il datore sui contagi

13 Luglio 2020

Il Sole 24 Ore 15 Giugno 2020 di Gabriele Taddia

I NODI DELLA RIPRESA SICUREZZA

L’articolo 29-bis inserito nel Dl Liquidità dà più peso al rispetto delle prescrizioni

L’obbligo di protezione dei lavoratori si assolve con le misure concordate

Con la conversione in legge del Dl 23/2020, il legislatore ha tentato di fornire una pur limitata risposta alle pressanti richieste delle imprese, di assicurare una qualche forma di tutela ai datori di lavoro rispetto al rischio di subire imputazioni penali o richieste risarcitorie da parte dei lavoratori a causa del contagio da Coronavirus, stante l’estrema difficoltà, soprattutto nella prima fase della diffusione del contagio, di fare riferimento a misure specifiche per i luoghi di lavoro e comunque nella grande difficoltà di stabilire se un lavoratore avesse subito il contagio effettivamente sul posto di lavoro, a causa di carenze organizzative dell’azienda, oppure altrove.

Ad alimentare le preoccupazioni datoriali aveva contribuito la disposizione dell’articolo 42 del Dl 18 del 17 marzo (il cura Italia): nei casi accertati (anche in base a presunzioni semplici) di infezioni da Coronavirus in occasione di lavoro, questi eventi sono da qualificare come infortuni sul lavoro.

La circolare Inail del 20 maggio aveva cercato di portare chiarezza sul punto, senza tuttavia fugare i legittimi timori di parte datoriale.

Con l’articolo 29-bis della legge di conversione del Dl 23/2020, pur non prevedendo una norma di salvaguardia penale di carattere generale, il legislatore ha affermato un principio importante in chiave di tutela del datore di lavoro: ai fini della tutela contro il rischio di contagio da Covid-19, i datori di lavoro adempiono all’obbligo di garantire la sicurezza dei lavoratori previsto dall’articolo 2087 del Codice civile mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso sottoscritto il 24 aprile 2020, e negli altri protocolli previsti all’articolo 1, comma 14, del Dl 33 del 16 maggio 2020, nonché tramite l’adozione e il mantenimento delle misure qui previste.

Se non trovano applicazione queste prescrizioni, rilevano le misure contenute nei protocolli o negli accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali.

La previsione è importante perché l’articolo 2087 del Codice civile è una norma di chiusura del sistema prevenzionistico, in base alla quale l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro, senza tuttavia specificare quali misure devono concretamente essere adottate. Questa norma è spesso utilizzata anche in campo penale per contestare l’eventuale carenza del sistema prevenzionistico adottato dal datore di lavoro.

Ora il legislatore, in relazione al rischio contagio Covid, per la prima volta statuisce che lo strumento attraverso il quale il datore di lavoro può dimostrare di aver adempiuto al proprio obbligo di tutelare i lavoratori, è rappresentato dall’adozione e dall’efficace mantenimento delle misure previste in primo luogo nel Protocollo Condiviso del 24 aprile, nonché nei protocolli di filiera (ad esempio edilizia, logistica, trasporti), nonché nei protocolli e nelle linee guida adottate dalle singole regioni o dalla Conferenza Stato-Regioni (o dalle Province autonome). Dunque, non si tratta una clausola di piena salvaguardia, ma di una disposizione sicuramente di grandissimo impatto anche sul piano della tutela penale poiché il datore di lavoro, in caso di contestazione, potrà contrapporre all’eventuale imputazione o richiesta risarcitoria la dimostrazione di aver adottato e applicato in modo rigoroso i protocolli previsti.

L’adozione dei protocolli è peraltro stata posta alla base della riapertura o della prosecuzione di alcune attività, da parte del Dpcm 26 aprile 2020, nel quale sono stati previsti come allegati il Protocollo di carattere generale del 24 aprile 2020 e le linee guida per cantieri, trasporti e logistica e trasporto pubblico. Mentre i protocolli per diverse attività che hanno ricevuto il via libera successivamente sono stati predisposti con indicazioni specifiche anche su base regionale (ristorazione, acconciatura–estetica, balneazione, strutture ricettive e molte altre). Infine, il Dl 33/2020 ha ribadito che il mancato rispetto dei contenuti dei protocolli determina la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza.

Doing business in San Marino

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