Prelievo al 30% sulle royalties al titolare estero del marchio

10 Marzo 2017

Il Sole 24 Ore 27 Febbraio 2017 di Ferruccio Bogetti e Gianni Rota

Fisco internazionale. Non basta la dichiarazione di residenza per smentire l’interposizione fittizia

Sulle royalties pagate a un soggetto estero non residente per l’uso di un marchio commerciale si applica la ritenuta d’imposta nazionale al 30%, e non quella al 5% prevista dalla convenzione bilaterale Italia-Paesi Bassi se il contribuente non è in grado di provare che il soggetto licenziatario è lo stesso che beneficia dei pagamenti.
La sola dichiarazione di residenza fiscale dell’amministrazione straniera, infatti, non basta a superare la presunzione di interposizione fittizia contestata dal fisco italiano. In questo modo si è espressa la Ctr Lombardia con la sentenza 5986/44/16 (presidente D’Agostino, relatore Bragho).
Per la normativa nazionale le royalties pagate a un soggetto non residente scontano la ritenuta d’imposta del 30% e non vanno dichiarate in Italia. Per la normativa internazionale (convenzione Italia-Paesi Bassi) le royalties sono a titolo d’acconto, pari al 5% e si dichiarano nell’altro Paese.
Nel caso in esame una Spa italiana ha stipulato con una società olandese titolare di un marchio commerciale un contratto per il suo sfruttamento in Italia e nel 2008 ha pagato le royalties, trattenendo la ritenuta d’acconto del 5 per cento.
L’amministrazione pretende la ritenuta del 30% perché la società italiana non ha provato che il soggetto licenziatario e il beneficiario del pagamento fossero lo stesso ente.
La società italiana ricorre, spiegando che la società olandese è titolare del marchio, percepisce le royaltie s pagate in Italia e le dichiara nel proprio Paese, tassandole regolarmente come provato dalle certificazioni rilasciate dalla stessa società estera e dall’autorità fiscale olandese.
L’amministrazione resiste, sottolinenando che la società non ha provato che il titolare del marchio commerciale sia il percettore e non un soggetto interposto. Per questo motivo l’ufficio sostiene che vada applicata la normativa domestica.
I giudici di merito di entrambi i gradi danno torto alla società. In particolare secondo la Ctr Lombardia:
il sostituto d’imposta italiano può derogare alla normativa nazionale e applicare quella internazionale bilaterale, a condizione di provare la coincidenza tra soggetto concedente il marchio e soggetto beneficiario dei versamenti corrisposti;
la prova può essere offerta con le fatture emesse dal licenziatario che non devono avere una descrizione generica e devono consentire l’identificazione del marchio concesso in uso, il cui valore deve essere riportato nelle immobilizzazioni immateriali del suo bilancio;
la dichiarazione di residenza fiscale rilasciata dall’amministrazione finanziaria straniera da sola non basta a superare l’interposizione fittizia fra soggetto licenziatario e soggetto beneficiario dei pagamenti.

Doing business in San Marino

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