Criptovalute, parte la raccolta dati per gli scambi automatici
17 Dicembre 2025
Il Sole 24 Ore 2 Dicembre 2025 di Alessandro Galimberti e Valerio Vallefuoco
Dal 1° gennaio del 2026 il mondo delle criptovalute inizierà a sganciarsi dall’opacità che ha segnato i suoi primi 15 anni di vita, tra speculazioni sfrenate, crac epocali e scandali vari.
Per gli asset legati alle tecnologie blockchain tra poco più di quattro settimane comincia infatti l’era della raccolta dei dati dei possessori che sfocerà subito dopo nello scambio automatico internazionale di informazioni a fini fiscali: una rivoluzione del tutto smile a quella che, dieci anni fa, con l’avvio del Common reporting standard aveva tentato di smontare, riuscendoci in larga misura, i paradisi fiscali fondati sul segreto bancario.
La geografia della trasparenza cripto debutta dal palcoscenico dell’Unione europea, spiega il rapporto pubblicato dall’Ocse, coinvolgendo in prima battuta 47 giurisdizioni tra cui, fuori dall’Ue, Regno Unito, Giappone, Corea del Sud, Israele, Brasile, Sudafrica e molti altri attori centrali della finanza globale. Questi paesi effettueranno i primi scambi automatici nel 2027 ma dovranno iniziare a raccogliere i dati già dal 1° gennaio 2026. Una seconda ondata di ulteriori 27 Paesi avvierà la raccolta nel 2027, mentre gli Stati Uniti — già assenti dallo scambio del Common reporting standard, sostituito dalla versione autoctona e autoreferenziale del Fatca — entreranno nel sistema solo nel 2028, con scambi programmati a partire dal 2029.
Ai margini degli early adopter della trasparenza cripto restano, almeno per ora, Argentina, El Salvador, India e Vietnam, che al momento non partecipano allo scambio automatico e rimangono autoconfinati nella zona (nero) grigia.
In Europa il cambio di passo è ancora più evidente. Il Carf – Crypto-Asset Reporting Framework – sarà pienamente operativo attraverso la direttiva Dac8, che entrerà in vigore nel 2026. Questo significa che gli operatori che offrono servizi relativi alle cripto-attività saranno obbligati a identificare i clienti, verificare la loro residenza fiscale, monitorare movimenti e saldi e trasmettere queste informazioni alle autorità fiscali nazionali.
Il sistema fiscale europeo si allinea così agli standard internazionali, con l’obiettivo di creare un quadro uniforme e privo di zone d’ombra.
A questo scenario si affianca un altro tassello essenziale: l’entrata in vigore del regolamento Micar, che definisce finalmente un perimetro regolamentato e uniforme per gli operatori del settore, i cosiddetti Casp.
In Italia come nel resto d’Europa, solo i Casp autorizzati potranno offrire servizi allineati agli standard legali, con l’obbligo di rispettare standard tecnici e operativi rigorosi, requisiti patrimoniali e controlli sulla clientela. Affidarsi a un Casp autorizzato diventerà non solo una scelta di prudenza, ma una necessità per evitare rischi sanzionatori, oltre che per proteggersi da truffe e intermediari improvvisati.
L’integrazione tra Carf, Dac8 e Micar condurrà alla piena trasparenza fiscale, insieme alla vigilanza prudenziale e anche alla protezione degli utenti. Le cripto-attività entreranno così a pieno titolo nel sistema finanziario regolamentato, riducendo lo spazio per attività abusive e rafforzando la fiducia degli investitori.
Tuttavia, la rapidità con cui le nuove norme sono state introdotte apre un fronte delicato: molti contribuenti hanno finora detenuto cripto senza conoscere gli obblighi fiscali incombenti. La complessità tecnica degli strumenti e l’assenza iniziale di linee guida chiare hanno contribuito a diffondere incertezze e qualche consapevole utilizzo dei bug del sistema.
Per questo sarebbe opportuno prevedere meccanismi di voluntary disclosure simili a quelli che avevano preceduto l’avvento dello scambio automatico di informazioni sui conti esteri. Una finestra di regolarizzazione permetterebbe l’emersione spontanea e garantirebbe un avvio soft del sistema.
GLI ADEMPIMENTI di Valerio Vallefuoco
Identità, residenza transazioni e saldi: l’identikit per il fisco
Il Crypto-Asset Reporting Framework è la nuova infrastruttura globale attraverso cui gli Stati si scambieranno automaticamente informazioni fiscali relative alle cripto-attività. È un sistema che riproduce, adattandolo al mondo digitale, il meccanismo già noto del Common reporting standard: ogni Paese riceverà informazioni sui contribuenti che detengono cripto all’estero, riducendo drasticamente l’opacità che per anni ha caratterizzato questo settore.
Le piattaforme crypto dovranno identificare i clienti, verificare la loro residenza fiscale e raccogliere ogni anno dati su saldi e transazioni. Queste informazioni verranno trasmesse alle amministrazioni fiscali nazionali, che a loro volta le condivideranno con gli altri Paesi aderenti. In questo modo, anche un utente che acquista criptovalute da un exchange situato in un altro continente sarà comunque soggetto al controllo dello Stato di residenza.
In Europa, lo strumento che rende operativo il Carf è la direttiva Dac8 che entra in vigore nel 2026 e che introduce per la prima volta un quadro uniforme per la fiscalità delle cripto-attività. L’Ue ha scelto di integrare il sistema fiscale con quello della vigilanza, dando attuazione al regolamento Micar, che definisce gli operatori autorizzati — i Casp — e stabilisce requisiti rigorosi in materia di sicurezza, governance e tutela degli utenti.
Per gli investitori e per gli utenti occasionali questo comporta una conseguenza immediata: affidarsi a piattaforme non autorizzate diventa rischioso. Solo i Casp regolamentati garantiscono la conformità fiscale, la protezione contro le truffe e l’applicazione di standard tecnici idonei a prevenire perdite o manipolazioni. La combinazione di Carf–Dac8–Micar realizza un ambiente in cui sicurezza, trasparenza e legalità si supportano a vicenda e in cui la scelta dell’intermediario diventa un comportamento determinante.
Questa trasformazione offre finalmente alle cripto-attività un orizzonte stabile e regolamentato. L’aumento della trasparenza riduce in modo drastico gli spazi per attività fraudolente, mentre l’obbligo di utilizzare operatori autorizzati crea un ecosistema più protetto e accessibile. È la condizione necessaria affinché anche i piccoli risparmiatori possano avvicinarsi con fiducia a un settore che per anni è stato associato all’idea di rischio e di incertezza.
Resta aperta la questione del passato: molti detentori di criptovalute non hanno ancora regolarizzato la propria posizione fiscale, spesso non per volontà evasiva ma per le difficoltà interpretative che hanno accompagnato la prima fase della diffusione degli asset digitali. Per questo motivo sarebbe auspicabile introdurre programmi di voluntary disclosure che consentano di sanare spontaneamente eventuali omissioni e permettere al nuovo sistema di partire in modo ordinato ed equo.
L’AVVIO A TAPPE DEL CRYPTO-ASSET REPORTING FRAMEWORK
Al via dal 2027
Austria, Belgio, Brasile, Bulgaria, Cayman, Colombia, Croazia, Danimarca, Estonia, Faroe, Finlandia, Francia, Germania, Gibilterra, Grecia, Guernsey, Islanda, Indonesia, Irlanda, Isola di Man, Israele, Italia, Giappone, Jersey, Kazakistan, Corea, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia, Polonia, Portogallo, Romania, San Marino, Repubblica Slovacca, Slovenia,
Sudafrica, Spagna, Svezia, Uganda, Ungheria.
Partono dal 2028
Australia, Azerbaigian, Bahamas, Bahrain, Barbados, Belize, Bermuda, Isole Vergini britanniche, Canada, Costa Rica, Cipro*, Hong Kong (Cina), Kenya, Malesia, Mauritius, Messico, Mongolia, Nigeria, Panama, Filippine,
Saint Vincent e Grenadine, Seychelles, Singapore, Svizzera, Thailandia, Türkiye, Emirati Arabi Uniti.
Stati Uniti, debutto nel 2029
Gli Usa hanno aderito alla Dichiarazione congiunta sul Carf per un suo rapido recepimento: l’impegno è per il 2029.
Ai margini dello scambio
Argentina, El Salvador, India, Vietnam restano ai margini dello scambio automatico. Argentina e India stanno però assumendo un impegno politico per l’attuazione del Carf e prevedono di attrezzarsi «a tempo debito».