Casa, rete familiare e conti correnti provano il centro di interessi all’estero
8 Novembre 2025
Il Sole 24 Ore lunedì 20 Ottobre 2025 di Giorgio Emanuele Degani e Damiano Peruzza
Non è soggetto a imposizione fiscale in Italia il contribuente che provi di aver stabilito all’estero la propria residenza e di avere all’estero il centro degli interessi economici e personali. A dirlo è la Cgt della Lombardia con sentenza n. 1880/25/2025 (presidente Evangelista, relatore Vicini).
Una contribuente contestava l’accertamento per omissione della compilazione del quadro RW relativo a disponibilità finanziarie detenute in Svizzera per l’anno 2012. Il primo grado aveva respinto il ricorso, ritenendo prevalente la presunzione di legame con l’Italia. Il secondo grado, invece, ha accolto l’appello sulla base della documentazione prodotta dalla contribuente relativa all’effettivo trasferimento e alla collocazione a Zurigo del centro dei suoi interessi.
La Corte ha analizzato con attenzione i profili anagrafici, personali, patrimoniali e economici utili a verificare il centro degli interessi. Ha ritenuto decisiva la prova dell’iscrizione anagrafica a Zurigo a partire da febbraio 2012 e la documentazione che dimostra la disponibilità dell’abitazione a Zurigo con pagamenti riferibili alla contribuente e il successivo subentro nel contratto di locazione. La Corte, inoltre, ha valorizzato l’esistenza di relazioni familiari prevalentemente localizzate in Svizzera e la cessazione delle cariche in Italia, nonché la costituzione e l’attività sostanziale di una società svizzera di consulenza di cui la contribuente era socia e legale rappresentante. Sul piano finanziario, poi, la Corte ha considerato significativo il trasferimento delle disponibilità dal conto corrente italiano a un conto in Svizzera avvenuto nel 2012.
Alla luce di questi elementi la vicenda è stata ricondotta al criterio giurisprudenziale che vede nel domicilio e nel centro degli interessi il parametro decisivo per la determinazione della residenza fiscale quando l’iscrizione anagrafica risulti trasferita all’estero. La valutazione delle fonti documentali, dunque, ha portato a ritenere assorbita la questione dell’imponibile con conseguente annullamento delle pretese impositive.
Si afferma così il valore probatorio delle produzioni documentali, anche in appello, quando risultino determinanti per la decisione. La Corte ha motivato la compensazione delle spese per la particolare controvertibilità della materia e per il ruolo decisivo svolto dalla documentazione fornita dalla contribuente. La sentenza ha valorizzato il fascicolo probatorio, ritenuto idoneo a dimostrare la perdita di ogni significativo collegamento con il territorio italiano.
Sul punto si ricorda che l’onere della prova grava sull’ufficio quando questo sostiene la persistenza di un collegamento fiscale con l’Italia. Se l’ufficio attiva presunzioni legali e circostanze indizianti per ricostruire la residenza o il domicilio fiscale, spetta poi al contribuente fornire la prova contraria idonea a dimostrare la perdita di ogni significativo collegamento con lo Stato italiano e la concreta localizzazione all’estero del centro degli interessi. In pratica il giudice valuta elementi anagrafici, familiari, patrimoniali e reddituali (iscrizioni anagrafiche, contratto di locazione o titolarità di abitazione estera, fonti di reddito, rapporti societari, movimentazioni finanziarie e prova della reale fruizione dei servizi nel paese estero). E solo il contribuente che allega e documenta in modo coerente questi elementi può efficacemente ribaltare la presunzione dell’amministrazione.